Per una lettura laica delle immagini
sacre
Polemiche
sciocche in Italia. Qualche professore, campione d’ignoranza – presuntuosa,
come sempre è l’ignoranza - vuole cancellare simboli e segni religiosi
ritenendoli sorpassati e lesivi di religioni differenti. E non si rendono conto
che certi simboli, certe icone, riassumono il portato di civiltà millenarie,
esprimendo valori condivisibili che con la religiosità hanno ormai poco a che
vedere, o meglio, che ormai rappresentano e incarnano anche valori extrareligiosi.
Vale per le religioni precristiane come per altre religioni, per quelle
cosiddette pagane di cui a suo tempo il cristianesimo si sbarazzò tacciandole
di idolatre e primitive, forse per tutte quelle che hanno rappresentato un
momento imprescindibile della spiritualità umana. Chi se la sentirebbe di
criticare i grossi Budda panciuti, i penati grecoromani, le immagini della Dea
Fortuna o del sommo Giove, i totem e le simbologie maoiste o animiste? Venendo
a noi. La Sacra famiglia, Giuseppe, la Madonna e il bambinello: era l’immagine
immancabile nelle case rurali e borghesi almeno sino alla metà del secolo
scorso, il “capoletto” dei nostri nonni, a rappresentare il simbolo di una
famiglia povera ma autosufficiente, che viveva del proprio lavoro - l’ascia e
il panchetto del falegname – la famiglia in seno a una comunità pacifica, fatta
di brava gente. Talvolta sullo sfondo della sacra famiglia si scorgeva
addirittura il dolce anacronismo di una chiesa con relativo campanile.
L’immagine della sacra famiglia del presepe, un inno al mistero della natività,
che è sempre un miracolo e un dono. Un’immagine universale che incarna duemila
secoli di cristianesimo. Accanto all’altra, ancor più universale: il
crocefisso. La croce, stilizzazione dell’uomo leonardesco, mille anni prima di
Leonardo, e prima ancora dell’uomo vitruviano, un asse verticale – l’elevazione
- e un asse orizzontale – la condivisione -. E poi il corpo ignudo del Cristo
appeso, simbolo e ricordo della sofferenza umana che coinvolge tutto e tutti,
l’invito a sublimare la nostra sofferenza e la nostra lotta, il trionfo del conculcato,
del contestato, della vittima, del martire. Un simbolo universale, offensivo
solo per chi non sa leggerne il significato. E poi i Santi cristiani e le loro
statue, scolpite da grandi artisti o create da semplici artigiani, i santi come
incarnazione dei penati, cioè delle madri e dei padri protettori della grande
famiglia di cui siamo parte, a cui chiedere aiuto e protezione. Significati
laici, residuo di una civiltà cristiana che vive – o è vissuta – da oltre
duemila anni. Riuscissimo a capire altrettanto bene i simboli e le icone laiche
delle altre civiltà con cui condividiamo il tempo! Povera quella religione –
non faccio nomi – che non riesce a concepire e ad accettare la sacralità
dell’immagine!
(Leandro Castellani)
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