mercoledì 23 novembre 2016

IO E LILIANA COSI



Innamorato della musica e della danza (da quella dei miei idoli Fred Astaire e Gene Kelly a quella dei romagnoli “alla Casadei”), non avevo mai coltivato rapporti stretti con la cosiddetta “danza classica” o “balletto” sino a quando, nel lontano 1981, mi proposero una serie di quattro programmi su una figura di danzatrice del tutto originale, divisa fra esibizioni e insegnamento, Liliana Cosi.
Naturalmente fui costretto a prepararmi a ritmi forzati studiando il metodo Cecchetti e le regole che presiedono a questa forma d’arte: figure e posizioni di base. E poi Petipa, Diaghilev,  Balanchine… Ma anche questo è il bello del mio lavoro ed ecco perchè forse non ho mai voluto racchiudermi nelle strettoie di un solo “genere”, fiction, documentario e così via…
Il nome di Liliana Cosi non mi era certamente sconosciuto. La sua biografia parla da sé: migliore allieva della Scuola di Ballo della Scala nel 1958, studia successivamente al Teatro Bolscioi di Mosca e in quella capitale, nel 1965, debutta al Palazzo del Cremino con il Lago dei Cigni, poi è a Parigi, poi ancora prima ballerina alla Scala nel 1968 (a 27 anni) e guest-artist con 130 spettacoli in tutte le capitali dell’URSS, tournée con Nureyev, esibizioni in ogni parte del mondo eccetera eccetera.
Successo, glorie, trionfi, onorificenze. Ma a questa eterea danzatrice tutto questo non basta più. Nel 1977,  al culmine della carriera, decide di dare un giro di boa alla sua vita e fonda nella sua città d’elezione, Reggio Emilia, l’Associazione Balletto Classico con finalità di arte e di cultura, per diffondere capillarmente, ad un pubblico più vasto, l’arte del balletto, e per dar vita a nuovi spettacoli per “saziare la sete di bellezza che il mondo sente”.
Mi presento a Reggio Emilia e faccio conoscenza con questa delicata artista tutta consacrata alla sua vocazione ed ai suoi allievi.
Ricordo che da ragazzo mi raccontarono l’aneddoto di quel circense che, convertito a Dio, era stato sorpreso in chiesa mentre faceva le sue acrobazie davanti all’altare. Ripreso dal sacerdote aveva risposto candidamente: è quello che so fare meglio, è il solo modo di pregare che conosco. Ecco, Liliana mi dette l’impressione che nella danza classica avesse trovato insieme l’ideale e anche il modo di esprimere la sua spiritualità, la sua profonda religiosità, vorrei dire la sua voglia d’infinito. Ed è anche per questo che prendeva così sul serio la sua arte, come una missione di bellezza “ad majorem Dei gloriam”. Mi sembrò una scopert: un’artista sublime e insieme un personaggio imprevedibile. Seguii la sua scuola, alla quale prodigava i suoi insegnamenti assieme al suo partner artistico Marinel Stefanescu ballerino e coreografo: anche della danza faceva un strumento di promozione umana dei ragazzi e delle loro famiglie.
Con Liliana Cosi credo di essere rimasto in sintonia negli sporadici successivi incontri con le sue creazioni ed i suoi allievi. E con lo spirito che anima la sua arte e i suoi spettacoli.
(Leandro Castellani)



Nessun commento:

Posta un commento