Forse c’è un solo “genere” di spettacolo che non sono
mai riuscito a realizzare, e invece si tratta del mio spettacolo preferito, il
musical, quel mix incomparabile di recitazione, musica, canzoni e danze
schifato per anni dal pubblico italiano e poi diventato di moda grazie all’opera
iniziatrice di Saverio Marconi che ebbe il coraggio di importare grandi musical
americani e farne delle versioni italiche. Ma il musical si consegna
soprattutto al cinema, ed è un musical il mio film preferito, “Cantando sotto
la pioggia”, passerella inimitabile di performance artistiche e avventure rosa
sulla nascita del cinema sonoro. A tutt’oggi il film mi serve anche da
psicanalista privato ripetendomi a intervalli di tempo più o meno dilatati, a
seconda delle mie vicissitudini personali, che occorre costanza e fiducia e che
il mondo si può affrontare cantando e ballando, anche sotto la pioggia delle
avversità più o meno pesanti.
Questo ingombrante cappello per raccontare come
stamattina, svegliandomi, ho pensato a un musical. Vediamo se vi piace. Un
vecchio eccentrico notaio, diciamo un tipo come l’enterteiner di “Cabaret”,
ricorre all’aiuto di un investigatore privato - diciamo un tipo fra Dick Van
Dyke e Gene Kelly - che possa aiutarlo a individuare la persona inconsapevole
erede di una grossa fortuna da un lontano parente. Notaio e investigatore si
mettono alla ricerca ma l’ultimo domicilio registrato al catasto è stato
occupato. Così i due s’imbattono in una famiglia di immigrati clandestini senza
lavoro che, compresa la situazione, si
uniscono alla caccia investigando in diversi campi profughi, dato che a
qualcuno sembra di aver visto la presumibile erede impegnata nell’opera di
soccorso. E avanti così. Ma tutto cantando e ballando, stilizzando la vicenda
attraverso questi strumenti. Fanno parte della famiglia degli immigrati anche
due piccolissimi “bimbi prodigio” che diventano le mascotte: l’eredità
permetterebbe – sempre che ci fosse il beneplacito dell’ereditiera, mettiamo
che fosse una brava persona - di soccorrere la famiglia extracomunitaria e di
aiutare molti bisognosi. Varie peripezie e finalmente l’inconsapevole
detentrice della fortuna viene rintracciata: è un’anziana misantropa che non
crede più nella vita ma che, per sua e nostra fortuna, ha una nipote giovane,
pimpante, canterina e ottimista. Salto un sacco di danze e canzoni e vado al
finale: tutti insieme appassionatamente e felicemente. Investigatore e ragazza
fanno coppia, la ereditiera stanca ritrova il gusto della vita, i fanciulli si
esibiscono nell’ultima bravata comico-musicale mentre i loro genitori impiantano
un’azienda che darà da lavorare a un sacco di immigrati. Gran finale cantato e
ballato! Sarebbe bello, e inoltre sarebbe uno spettacolo alla moda, legato a
problemi quanto mai attuali. Intanto l’ho scritto, poi... hai visto mai!!!
(Leandro Castellani)
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