giovedì 21 luglio 2016

IPAZIA



Di Silvia Ronchey, scrittrice colta quanto sensibile, avevano letto “L’enigma di Piero”, vasto romanzo-dissertazione sulla Flagellazione, un enigma che sfida tuttora la curiosità degli studiosi e sul quale il nostro Dante Piermattei ha proposto ipotesi illuminanti. Ora ci capita in mano il suo testo dedicato a una figura enigmatica quanto emblematica, Ipazia: “Fu matematica e astronoma, sapiente filosofa, influente politica, sfrontata e carismatica maestra di pensiero e di comportamento. Fu bellissima e amata dai suoi discepoli, pur respingendoli sempre. Fu fonte di scandalo e oracolo di moderazione.” Filosofa platonica vissuta nel quarto secolo e fatta trucidare per ordine o per istigazione del vescovo Cirillo, che vedeva compromessa dal magistero di Ipazia la supremazia culturale del cristianesimo emergente, anche come potere politico, dopo l’editto costantiniano del 313 che ne aveva fatto la Religione di Stato.
La Ronchey è una bizantinista che sa lavorare sui documenti, una studiosa e ricercatrice inappuntabile, tanto che dedica oltre la metà del volume a documentare e postillare quanto ha raccontato. Che in definitiva è molto poco. Di Ipazia sappiamo e continuiamo a sapere pochissimo, salvo le ragioni di supremazia politica e ideologica che l’hanno condotta al “martirio”: torturata, accecata, lapidata “a colpi di tegola, tagliandone poi il cadavere a pezzi, bruciati in un’orgia di cannibali” (H.Duchesne) e infine data alle fiamme, un compendio di atrocità più unico che raro. La Ronchey ne indaga le ragioni e ne esplora i contesti, e non solo della vicenda personale ma anche della lunga “fortuna” – chiamiamola così - del personaggio nel corso dei secoli, volta a volta letto come vittima dell’oscurantismo cattolico, icona di laicismo, precorritrice delle istanze femministe eccetera, per tutti i secoli successivi e sino al secolo scorso. Quel che resta del suo pensiero è estremamente esiguo. Perché esigui sono i testi e i documenti in proposito, circa il contenuto filosofico della sua lezione e  la sua storia interiore. Al personaggio è stato dedicato anche un film, “Agorà” (2009) di Alejandro Amenadar. Di particolare interesse ci sembra l’evocata vicenda della sua immagine speculare cristiana: Santa Caterina d’Alessandria, come lei nata e vissuta ad Alessandria d’Egitto, culla della rinata o perdurante cultura ellenica, come lei filosofa e sapiente, come lei vergine, bellissima e vanamente concupita e come lei martire. Che si tratti di un “doppione”, creato e diffuso per esigenze agiografiche, come avallato da Paolo VI che ne rimosse il culto?

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