lunedì 11 luglio 2016

L'ULTIMO DEI MOHICANI



Era un vecchio romanzo di avventure che lui non aveva mai letto. Si era limitato a vederne le illustrazioni e le foto del film che ne avevano tratto. Ma pensava si trattasse della storia dell’ultimo pellerossa sopravvissuto alla sua tribù distrutta dagli invasori e costretto a una resistenza solitaria. Chissà poi se era così. Pensava di esserlo anche lui un ultimo di un mondo, o meglio di una civiltà perduta. Quella della gente onesta,  proba, che viveva del proprio lavoro e amava la famiglia. Non aveva mai corrotto nessuno e nessuno si era mai provato a corromperlo. Non gli era mai venuto lo sghiribizzo di avere avventure sentimentali fuori matrimonio, di sognare il divorzio, di arrampicarsi lungo le strade di una carriera felice, a volte fortunata, ma sempre conquistata. Ed ora si era ridotto a vivere nel cerchio delle sue mura, dentro la sua casa, da dove usciva una volta al giorno per fare il giro dell’isolato e tener in moto le gambe, tra facce che lo ignoravano e passanti che lo evitavano. La sua famiglia non era più fortunata di lui. Sua moglie limitava le uscite a una spesa frettolosa nei supermercati a prezzo ridotto e la spesa doveva durare in media tutta una settimana. Suo figlio, giovane laureato disoccupato, sognava al computer, anzi non sognava più, non sperava più in un ”posto” che sapeva non sarebbe piovuto dal cielo. E nemmeno dagli annunci. I debiti si accumulavano, con le banche, con i professionisti, con i bottegai. Eppure loro tre di casa erano tre valori: nel mondo dello spettacolo potevano ancora fare faville. Ma erano stati esclusi o si erano autoesclusi dal gioco. All’inizio facevano un po’ paura proprio per la loro bravura nonchè per la propria onestà. Poi erano stati dimenticati. O meglio avevano dimenticato lui. Molti dei suoi coetanei che contavano erano trapassati nel novero dei più. I superstiti erano pensionati di lusso in qualche paradiso fiscale. L’ultimo dei Mohicani era lui e pensava lo avessero dato per morto da anni, Non gli avrebbero fatto nemmeno il necrologio. E allora? L’ultimo dei Mohicani sognava la tribù distrutta, quel mondo pieno di bisonti e di cavalli selvaggio dove la caccia non era un duello all’ultimo sangue fra cacciatori ma un’avventura degna di essere ricordata in uno di quegli acquarelli colorati da appendere in salotto.  Sognava quel mondo trascorso, sognava – per dirla col Gozzano – “le cose che potevano essere e non sono state”. Ma riusciva ancora a sperare.   
(Leandro Castellani)

Nessun commento:

Posta un commento