Ho sfidato la sorte concedendomi la visione del film di
Giuseppe Tornatore alla tv generalista, il che significa non perdere il filo di
una storia fra un diluvio e l’altro di aberranti comunicati commerciali. Fatta
la doverosa premessa passiamo al film. A me Tornatore sembra un miracolato: dispone
sempre di un esorbitante ed evidente capitale finanziario, attori di primissimo
piano a disposizione, ambientazioni e scenografie ammirevoli, collaboratori di
prim’ordine e così via. Ma i suoi film barocchi e patinati non mi entusiasmano
e non mi emozionano. Anche questo film non carbura, la sceneggiatura assembla spunti validi e soluzioni d’accatto.
I conti non tornano. A me - che sono maligno per natura - viene fatto di
pensare cosa sarebbe stato de “La migliore offerta” se ci fossero stati molti
milioni in meno da impegnare e un big italiano – uno di quelli che vanno per la
maggiore - al posto di Geoffrey Rush. Qual è il succo del film? Il dramma di un
animatore ed esperto di case d’aste,
maniaco criptocollezionista di volti femminili immortalati dalla pittura? Il
mistero di una fanciulla prigioniera dell’agorafobia in un palazzo avito? La
storia appassionata di un amor fou? La metafora dell’automa meccanico? No, semplicemente
la storia di una truffa ben architettata ad opera di alcuni truffatori con un
eccesso di fantasia. E un finale denso di flashback e flashforward utili a far
procedere più in fretta la storia e sbrigarsela. Tornatore è un abile e
fortunatissimo regista, che si dichiara anche soggettista e sceneggiatore ma in
quest’ultima veste, come direbbero al mio paese, gli manca un soldo per fare
una lira. A meno che io non mi confonda e stia facendo la recensione dei comunicati
commerciali che parcellizzano la vicenda. Ultimo rilievo: il grande Morricone, egregio
autore di ottimi commenti musicali, ormai è un po’ vittima del complesso del
musicista sinfonico. Il suo commento non aggiunge nulla, non sottolinea o
enfatizza, ma al limite disturba.
(Leandro Castellani)
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