lunedì 25 luglio 2016

SHAKESPEARE



Come nel caso di Omero, anche per Shakespeare ci si è chiesti più volte - quando la stampa cosiddetta popolare, oltre a raccontarci tutto degli amori di Tizia o di Caio sprecava qualche trafiletto per i cosiddetti “enigmi della storia” - come mai facesse un attorucolo da seconde parti, nato in quel d’Albione, a comporre i testi più profondi e sconvolgenti dell’universo drammaturgico di tutti i tempi. E si sono sparati i nomi più probabili e improbabili per spiegare l’enigma: ma no, quell’attorello era un semplice prestanome, un impostore, un tale  che metteva in scena opere non sue, scritte da altri, gente istruita o titolata o entrambe le cose, impossibilitati per censo o ritrosia a firmare i propri parti. E si son prodotti fior di nomi: Francis Bacon che era un filosofo, Christopher Marlowe che era un  drammaturgo resuscitato sotto altra identità, o altri: Robert Devereux, William Stanley, Edward de Vere, Giovanni Florio. E invece no. La puntuale, documentatissima e monumentale biografia di Ackroyd Peter fa piazza pulita di queste e analoghe fantasiose illazioni e di William ci racconta vita e miracoli. William Shakespeare (1564-1616) era proprio lui, uomo di teatro sino al midollo, drammaturgo sublime e squisito poeta. Una storia in qualche senso sconcertante: un attore-regista-impresario, creatore di compagnie e di luoghi e imprese teatrali, che arraffa spunti e storie dove capita e le trasforma, con arte e fiuto sopraffino, in prodigiose macchine di teatro, tornandoci sopra ad ogni nuovo allestimento, arricchendole o modificandole, e inoltre mettendo mano a scritti altrui o accettando collaborazioni. Una vita ordinaria e straordinaria insieme perché Shakespeare fu non soltanto un uomo di cultura e di teatro, ma anche un uomo d’affari scaltro e competente che sapeva come investire e far fruttare il suo denaro. Il libro è una biografia completa ed esaustiva che ci parla della prassi teatrale, dei gusti del pubblico, dei teatri e della vita artistica di allora, delle rappresentazioni a Corte di fronte alla regina Elisabetta e al re Giacomo, ma anche e soprattutto di fronte a un pubblico borghese e plebeo. Un’opera affascinante e originale, che si legge come un romanzo impegnativo e insieme uno squarcio di storia. De tenersi vicino, al capezzale, si diceva un volta.

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