sabato 2 luglio 2016

AMLETO, UNA FICTION



Perché no? La storia era risaputa, sufficientemente drammatica, andavano di moda i rifacimenti, o meglio i remake, per dirla correttamente in inglese. Ma a farne una miniserie in due o tre puntate non ci aveva pensato ancora nessuno. Poteva essere un’idea vincente. Scrisse un bel progettino di tre pagine illustrando le caratteristiche della proposta e le recapitò al competente settore della grande rete televisiva nazionale. Gli bastava vedersi garantito il cosiddetto “diritto d’antenna”, a reperire i capitali ci avrebbe pensato lui, anzi ce l’avrebbe messi in proprio, soldi ne aveva! Ricevette una sollecita risposta: perché il Servizio prendesse in considerazione il suo progetto occorrevano alcune informazioni di base, bisognava ottemperare a certe tassative prescrizioni richieste dalla nuova dirigenza:  aperture internazionali dell’impresa, budget disponibili, locations, cast artistico, descrizione della vicenda e dei personaggi principali, target privilegiato eccetera. Molti termini inglesi, intraducibili e fantasiosi. Non si fece scoraggiare e si mise al lavoro. Trama: un giovane che ha studiato all’estero con Erasmus torna in patria e trova una situazione disastrosa: suo padre è morto, la ditta è passata in mano a suo zio che ha sposato sua madre. Una medium gli passa la notizia: evocato nel corso di una seduta spiritica suo padre ha confessato di essere stato fatto fuori dal fratello e invoca vendetta. Amleto si trova in difficoltà: aveva pensato di metter su casa con la sua ragazza ma il sospetto lo mette in forte ambascia: e se fosse vero? Seguono delitti, il suicidio della fanciulla, sfide e duelli, brindisi drogati e così via. Possibilità internazionali del progetto: auspicabile coproduzione con la Danimarca, interessata a lanciare il castello di Elsinore, un po’ malandato ma che, con un adeguato restauro, potrebbe diventare una rispettabile attrazione turistica. E inoltre con l’Inghilterra, dove la vicenda è piuttosto popolare per via dell’autore che è inglese-doc, nonché con la Francia che fornirebbe la protagonista, per cui il budget potrebbe diventare sostanzioso. Se poi si girasse in Puglia ci sarebbero pure i soldi della film commission locale, prodiga verso iniziative del genere. I personaggi? Descrizione presto fatta: un matto (Amleto), un delinquente (suo zio), una puttana (sua mamma), una psicolabile (Ofelia), un politicante intrallazzatore (Polonio),  Delitti, droga, amori torbidi, risvolti necrofili (il teschio di Yorick), arti marziali (Laerte ha studiato in Giappone) e così via. Insomma l’astuto proponente ottemperò a tutte le richieste della Rete televisiva. Indicò anche il cast elencando tutti i protagonisti delle ultime fiction di successo (compresa la vincitrice dell’ultimo Talent, il superstite dell’isola dei famosi, la reduce dalla casetta dei Grande fratello), e spedì il tutto per Raccomandata con la debita ricevuta di ritorno. Passò un mese e arrivò inaspettata la convocazione del Servizio: la proposta sembrava interessante, mancava solo un elemento, ma da chiarire a voce: chi era lo sponsor politico dell’iniziativa? Occorreva fugare il sospetto che il progetto fosse troppo di destra (quel manager dello zio a quale lobby apparteneva?) e che fosse sufficientemente “radical chic” e buonista (oltre a fare il guerriero ninja Laerte faceva anche del volontariato?), che si potesse contare anche su un risvolto omosex (Amleto amava Orazio?), che ci fosse almeno la presenza di un migrante e di qualche extracomunitario: e il musulmano di turno? Insomma piccole cose da mettere a posto, per cui l’impresa sarebbe stata affidata a uno sceneggiatore di stretta fiducia della Rete. Ah, un’ultima cosa: i nomi andavano cambiati: Amleto è un nome troppo strambo, chi l’aveva mai sentito? Meglio chiamarlo Luigi o Matteo. Ecco, Matteo andava proprio bene. E anche Ofelia, chiamiamola Charlotte oppure Deborah con l’acca finale. Insomma c’era da lavorarci sopra. Ma il soggetto non era male: come si chiama questo inglese? E’ vivente o fuori diritti? 
(Leandro Castellani)

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