Lasciatemelo
dire: per sostenere la tensione dello spettatore per cinquanta minuti esatti
prima che succeda qualcosa di nuovo, dopo la scomparsa misteriosa dei due bimbi
che stanno scendendo le scale di casa, bisogna essere bravi. Perlomeno abili a
costruire questa sospensione drammatica spingendola allo spasimo ma senza farla
deflagrare, trattenendola. E il regista argentino Patxi Amezcua ci riesce pienamente,
in questo film (“Septimo”, 2014) in cui un padre cerca invano di scoprire come i suoi figli, che come sempre
lo hanno sfidato a chi arrivi prima giù,
lui in ascensore e loro per le scale, arrivato al piano terra, si accorge che i bambini non sono lì ad
attenderlo e sembrano scomparsi nel nulla. E di volta in volta chiede aiuto - e insieme dubita -
di chi potrebbe aiutarlo nell’affannosa ricerca. Questo film, sostanzialmente
chiuso fra scale e androne, riesce efficacemente a trascinarci in questa caccia,
agevolato da attori all’altezza del compito. Un film “di serie”, o “di genere”,
se vogliamo usare le formule, che ci dimostra come il “cinema che racconta”
abbia fatto strada anche in nazioni che avevano all’attivo solo isolate eccezioni
poetiche. E questo cinema di genere è pienamente all’altezza dei più validi
prodotti internazionali Non racconto il finale, che è sconcertante ed esplosivo
come debbono essere i finali di questi film.
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