domenica 26 luglio 2020

IL COLLEGIO SANT'ARCANGELO - piccola antologia personale


Cent’anni, quanto basta per tramutare la cronaca in storia e la storia in leggenda.
Prima leggenda: mio padre, Aldo Castellani, sarebbe stato il primo allievo del Collegio Sant’Arcangelo, primato che, a suo tempo, gli veniva contestato da Lancillotto Lancillotti e da Aldo Itri. La composizione avvenne con il solito compromesso: mio padre primo allievo “esterno”, gli altri due primi “interni” collegiali.
Seconda leggenda: la presenza di Federico Fellini da Rimini fra gli alunni del Collegio. Del resto non è stato Fellini a stigmatizzare e immortalare nei suoi film, in modo bonariamente satirico, i religiosi “con la bavarola”? Il fratello di Federico, Riccardo, mi assicurò personalmente che l’allievo legittimo era lui e Federico solo un curioso visitatore.
Con i miei ricordi personali abbandoniamo la leggenda per la cronaca divenuta storia. Vi entrai bambino, prima media, nell’immediato dopoguerra, quando alcune aule, il teatrino-palestra e il cortile erano ancora “occupati” dai militari americani che a Natale, in cambio di alcuni cori natalizi intonati da noi studentini con interessato entusiasmo, ci gratificavano di cioccolate e chewing-gum.
Ne uscii diplomato otto anni più tardi, giovinetto di belle speranze. Naturalmente, essendo di Fano, ero un alunno “esterno”. Anzi ero solito arrivare di corsa all’ultimo minuto, quando dalla finestra di casa mia, distante appena un centinaio di metri dal Collegio, sentivo il trillo del fischietto arbitrale che annunciava la fine della ricreazione e l’ingresso nelle aule. 
Agli anni del Sant’Arcangelo debbo le mie prime affermazioni di dicitore nelle premiazioni di fine d’anno, a compensare le mie scarse prestazioni nel saggio ginnico, nonostante le cure sapienti dell’indimenticabile professor Zengarini. Quelle liete ricorrenze che culminavano con un profluvio di medaglie – d’oro, d’argento, di bronzo – a decorare le magliette bianche listate di verde degli studenti, fra la gioia dei genitori e degli astanti e le note della banda militare.
Seguirono, sulle tavole del piccolo teatro-cinema-palestra, le mie prime esibizioni da presentatore. E poi tutto quel carico di piccoli episodi di cronaca vissuta, di amicizie, di fatiche, di vittorie e sconfitte attraverso i quali un  bambino diventa un adolescente e poi un  giovane. Non voglio nominare nessuno dei Fratelli che mi furono professori, farei un torto ai dimenticati. Né i miei compagni di scuola, alcuni misteriosamente annegati nel fiume della vita, altri sporadicamente e periodicamente incontrati per il consueto triste-lieto amarcord.
Quando i “fratelli dalla bavarola”, cioè i Carissimi, partirono da Fano certo la città si sentì – e forse divenne – più povera.
(L.C. in Carlo Moscelli – Il Collegio S.Arcangelo, BCC Fano 2005, pp.125-126)

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