Prima leggenda: mio padre, Aldo Castellani, sarebbe stato
il primo allievo del Collegio Sant’Arcangelo, primato che, a suo tempo, gli
veniva contestato da Lancillotto Lancillotti e da Aldo Itri. La composizione
avvenne con il solito compromesso: mio padre primo allievo “esterno”, gli altri
due primi “interni” collegiali.
Seconda leggenda: la presenza di Federico Fellini da
Rimini fra gli alunni del Collegio. Del resto non è stato Fellini a
stigmatizzare e immortalare nei suoi film, in modo bonariamente satirico, i
religiosi “con la bavarola”? Il fratello di Federico, Riccardo, mi assicurò
personalmente che l’allievo legittimo era lui e Federico solo un curioso
visitatore.
Con i miei ricordi personali abbandoniamo la leggenda per
la cronaca divenuta storia. Vi entrai bambino, prima media, nell’immediato
dopoguerra, quando alcune aule, il teatrino-palestra e il cortile erano ancora
“occupati” dai militari americani che a Natale, in cambio di alcuni cori
natalizi intonati da noi studentini con interessato entusiasmo, ci
gratificavano di cioccolate e chewing-gum.
Ne uscii diplomato otto anni più tardi, giovinetto di
belle speranze. Naturalmente, essendo di Fano, ero un alunno “esterno”. Anzi
ero solito arrivare di corsa all’ultimo minuto, quando dalla finestra di casa
mia, distante appena un centinaio di metri dal Collegio, sentivo il trillo del
fischietto arbitrale che annunciava la fine della ricreazione e l’ingresso
nelle aule.
Agli anni del Sant’Arcangelo debbo le mie prime
affermazioni di dicitore nelle premiazioni di fine d’anno, a compensare le mie
scarse prestazioni nel saggio ginnico, nonostante le cure sapienti
dell’indimenticabile professor Zengarini. Quelle liete ricorrenze che
culminavano con un profluvio di medaglie – d’oro, d’argento, di bronzo – a decorare
le magliette bianche listate di verde degli studenti, fra la gioia dei genitori
e degli astanti e le note della banda militare.
Seguirono, sulle tavole del piccolo
teatro-cinema-palestra, le mie prime esibizioni da presentatore. E poi tutto
quel carico di piccoli episodi di cronaca vissuta, di amicizie, di fatiche, di
vittorie e sconfitte attraverso i quali un
bambino diventa un adolescente e poi un
giovane. Non voglio nominare nessuno dei Fratelli che mi furono
professori, farei un torto ai dimenticati. Né i miei compagni di scuola, alcuni
misteriosamente annegati nel fiume della vita, altri sporadicamente e
periodicamente incontrati per il consueto triste-lieto amarcord.
Quando i “fratelli dalla bavarola”, cioè i Carissimi,
partirono da Fano certo la città si sentì – e forse divenne – più povera.
Nessun commento:
Posta un commento