I.
Quel tale che scriveva per i posteri. Solo i posteri lo avrebbero finalmente capito e stimato, riconoscendo in lui uno dei più grandi scrittori del suo tempo. Di tutti i tempi?
Era successo anche ad altri: prendiamo Tomasi di Lampedusa, con il suo magistrale “Gattopardo”, spedito e rinviato al mittente, vita natural durante, da tutte o quasi le case editrici di serie A e B, quelle che contano e quelle che potrebbero contare. E poi, dopo la sua morte, improvvisa scoperta e pubblicazione (sia rilegata che in brossura), innumerevoli ristampe, trepide recensioni a non finire e un film immarcescibile, con attori nostrani e divi inossidabili. Prendiamo Guido Morselli, con i suoi testi spigolosi, arguti e penetranti: scrisse migliaia di pagine e sperò a lungo che gli editori si accorgessero di lui, ma invano, almeno sino a dopo il suo suicidio. Prendiamo Dolores Prato, una scrittrice capace di trasformare i suoi ricordi personali nei ricordi di tutti, di ognuno di noi Aveva dovuto attendere gli ottant’anni inoltrati prima di affidare le sue pagine a un’editrice di serie A per poi sottrarle agli attentati della curatrice, certo memo capace di lei ma più accreditata, che intendeva censurare, correggere e tagliuzzare, insomma “depurare”, il suo depuratissimo testo magico.
E intanto autori senza peso e valore gremivano le vetrine delle librerie e facevano anche i soldi, perlomeno quanto bastava per mantenersi floridi e sufficientemente pasciuti fra ricevimenti, premi prezzolati e così via. E conferenze, consulenze, “ospitate” televisive nonché docenze in fantomatici corsi di scrittura. Come se da questi corsi a suon di regole e procedure improbabili potesse nascere, a mo’ di Venere sorgente dalle onde spumose del mare, uno scrittore patentato.
Aveva fatto un esperimento, inviando via Raccomandata il suo ultimo testo, stuzzicante come argomento, squisito nella forma e stampato da una qualificata editrice, al curatore della rubrica libraria di un’importante rete televisiva. Neanche quarantott’ore dopo aveva ritrovato il suo testo, ancora intonso, presso il solito rivenditore di libri usati che frequentava anche lui e che, com’era noto, si riforniva periodicamente presso il funzionario della telerubrica, acquistando a prezzi stracciati per rivendere a prezzi modici. Non ci aveva più provato a disperdere così le sue copie. Senza intermediari accreditati e potenti o senza mazzette di vario tipo e genere, niente da fare!
Pochi anni prima gli era capitato di leggere il libro di un signore che conosceva come raffinato intenditore d’arte, il quale aveva scritto in gioventù un corposo romanzo sulla storia di una sua antenata, fatta rivivere in pagine preziose che erano anche una testimonianza profonda di modi, costumi, psicologie del passato, ma di un passato destinato a inverarsi di nuovo nei suoi palpitanti ricordi. Il libro aveva visto la luce in un’edizione esclusa dal novero delle grandi, molto apprezzato dagli amici e da qualche fine critico non distratto, ma tutto sommato era rimasto un po’ ignorato, fuori dalle luci abbacinanti della grande ribalta letteraria. Chissà se i posteri lo avrebbero scoperto “in zona Cesarini”, come si diceva adesso?
Nessun commento:
Posta un commento