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Seconda parte
Ma chi è Maddalena? I Vangeli ne evocano più di una con questo nome: la prostituta che rischia il linciaggio ma poi nessuno si arrischia a lanciare la prima pietra, la donna che cosparge di profumi il capo di Gesù beccandosi i rimbrotti di un apostolo tirchio, la donna orante ai piedi della croce che divide con Maria Madre di Cristo lacrime e lamenti, colei che accorre alla tomba violata ed esulta all’appello del Cristo angelicato... Qualcuno giunge ad identificarla con la sorella di Lazzaro, che il Vangelo descrive come attenta custode delle parole del divin Maestro, mentre sua sorella, l’instancabile armeggiona Marta, si disperde negli indispensabili lavori casalinghi. Ex prostituta già redenta e tornata in famiglia? Qualcuno tenta un’ipotesi ancor più azzardata: e se coincidesse con la sposina delle nozze di Cana, quella gratificata dal primo miracolo di Gesù che trasforma l’acqua in vino?
Tante Maddalene o magari sempre la stessa? A prescindere dalla costante presenza della Madre di Gesù, nel Vangelo le presenze femminili non mancano ma non abbondano certo. Ma a cosa servirebbe questa “reductio ad unum” piuttosto forzosa?
Anno 1978: vado su e giù per l’Europa alla ricerca dei segnali di inquietudine o, se volete, di rinascita spirituale che agitano una terra ormai parzialmente scristianizzata ma dove l’urgenza del religioso fa a capolino da ogni parte. Basta saperla scoprire. E giungo a Vézeley per visitare la grande cattedrale costruita alla sommità di una collina, solcata dal solito ghirigoro medievale di stradette. La grande cattedrale gotica, con la stupefacente “bibbia dei poveri” effigiata sul grande portale, da cui San Bernardo indisse la seconda crociata, la crociata di Luigi VII di Francia e di Corrado III di Svevia, visitata ogni anno da pellegrini e turisti. La Chiesa che, da tempo immemorabile, ospita e conserva le reliquie di Santa Maria Maddalena. Ma quale delle Maddalene?
Visito Vèzeley nel 1978 perché, oltre alla Basilica di Santa Maria Maddalena, c’è anche Béthania, una piccola comunità fondata da un giovane, reduce sconfitto dal Sessantotto parigino. L’esperienza Bernard l’ha iniziata già da qualche anno nella capitale francese, radunando attorno a sé un piccolo cenacolo, a imitazione di quello di Loppiano in Italia, la casa dei Focolarini di Chiara Lubitch. E a Parigi il suo modesto appartamento si è gremito in fretta: drogati, prostitute, la pietosa corte dei miracoli di un sessantotto in liquidazione. Gente che non chiedeva nulla e tutto, una disponibilità totale, stressante. Bernard ha portato avanti il suo esperimento vivendolo e soffrendolo integralmente. Più tardi la sua opera - Béthania, la casa di Lazzaro morto e resuscitato, la casa di Marta e di Maria - si è trasferita a Vézelay: un lavoro ma soprattutto l’ascolto della parola di Gesù, “la parte migliore”.
Per due giorni visito la piccola comunità, sparsa per le vecchie casette medioevali per la collina, seguo la loro vita, attiva e orante, raccolgo le loro testimonianze. La casa di Béthania vive sotto l’egida e la protezione della grande cattedrale, per molti secoli meta di pellegrinaggi, posta sulla via di Compostela. E’ sera quando parto da Vézelay. Tornerò nella piccola città santa a distanza di circa quarant’anni. La collina è sempre la stessa, ma pettinata, fiorita, con tutte le vestigia medioevali restaurate con molto scrupolo e un po’ di fantasia. E i turisti l’invadono come e più di un tempo, alla ricerca di un souvenir, di un vecchio oggetto d’antiquariato, vero o made in Taiwan, o semplicemente di una gita da week-end in un sito remoto, esotico.
Vorrei trovare il tempo per indagare, per chiedere della casa di Béthania, sapere se la dimora di Lazzaro e degli oranti laici esista ancora. Ma il ruolino di marcia è severo e non me lo consente.
C’è ancora un seguito. Qualche anno fa, in viaggio verso Avignone per fare riprese nel palazzo dei Papi, mi raggiunge una gentile e solerte funzionaria del Turismo con un modesto dépliant che illustra un itinerario sui luoghi di Maria Maddalena, pellegrina penitente ed eremita: a cominciare dalla caverna sulla montagna de La Sainte Baume. Nella sua più recente versione la leggenda o la tradizione narrano – m’informa il depliant – che Maria Maddalena, sbarcata in Provenza, si ritirò proprio qui, in solitario eremitaggio, durante gli ultimi trent’anni della propria esistenza, dopo aver evangelizzato molte genti e paesi Ogni giorno - dice la leggenda – la Santa veniva trasportata sette volte dagli angeli fin sulla cima della montagna, al Santo Pilone. Evidentemente la storia, o leggenda che sia, ha fatto presa. Come vorrei percorrere quell’itinerario alla ricerca della mia verità? Ma il tempo è tiranno! E anche stavolta debbo rinunciare.
E poi ho scoperto un libro? Dove? Fra i lacerti della mia biblioteca. Mi spiego meglio, anzi è d’uopo che a questo punto racconti una nuova storia, quella della mia biblioteca. Nata già ricca e allocata in una vasta soffitta di un antico palazzo romano, poi ampliata anno dopo anno, dovrei dire giorno per giorno, con libri di ogni sorta, tenore e spessore: libri per lavorare, libri per giocare, libri per distrarmi, libri per concentrarmi… E gli omaggi, le opere dei miei conterranei, i regali graditi e no. Poi un bel giorno la catastrofe, il diluvio, la tromba d’aria, lo tsunami, la scossa tellurica.... Debbo cambiar casa. E allora, smonta le librerie, caccia tutti i libri, in ordinato disordine, in grandi scatoloni a misura di facchino. Con gli scatoloni a formar piramidi in un vasto magazzino d’affitto, un hangar aereonautico, quasi un campo di calcio. Poi il trasferimento forzoso in un contenitore di minore dimensioni, tipo campo da tennis o da calcetto. E nuovo trasferimento finale – si spera! – in un container da cantiere: qui mi arrabatto a trasformare e ridurre gli scatoloni a prova di facchino in scatoloncini a misura di vecchietto. Libri ormai mescolati alla rinfusa. Li vendo: e chi li vuole? Li regalo: e chi se li piglia?
Mi rassegno ad affrontare uno di quei lavori che in realtà non servono a niente: aprire gli scatoloni per estrarne e mettere da parte almeno i libri che considero parte inalienabile di me: la collezione di biografie degli attori, le avventure di Pinocchio in varie edizioni, i libri autografati, quelli scritti da amici e compaesani. Tutte opere da conservare in vista di una ridotta biblioteca della cui esistenza comincio ormai a dubitare, come del resto dubito ormai dell’esistenza degli extraterrestri e dei vasti e profumati orizzonti post-mortem. Salvato quel dieci per cento irrinunciabile. E tutti gli altri? Continuino a restare in confidente attesa: di un miracolo? Di una prodigiosa moltiplicazione degli spazi disponibili? Di uno studioso appassionato o di un mecenate illuminato che rilevi tutto il resto? Di una fondazione o istituzione culturale che consideri preziosa la mia biblioteca personale?
Nel corso di questa decimazione, dall’ultimo scatolone da far fuori emerge un intruso, ancora cellofanato. Ma quando l’ho comprato, come e perché, questo libro su “Maria Maddalena”, scritto da una certa Esther De Boer? E chi è costei? Una nota in quarta di copertina m’informa: Esther De Boer è una teologa olandese che è anche una pastora evangelica.
Ecco, non essendo uno storico, né tanto meno uno studioso di ricerche bibliche, vedrò di raccontare a mio modo le peripezie di questa santa singolare, fra intuizione e fantasia, gli unici strumenti che mi illudo ancora di possedere.
Lasciamo perdere la speciosa identificazione di Maria Maddalena con la sposetta felice delle nozze di Cana, una cerimonia allietata dalla presenza di Gesù, con quegli invitati un po’ ubriaconi – immancabili in un pranzo da matrimonio – che reclamano altro vino e poi madri, bambini, ragazze e anziani che si lasciano travolgere dalla generale allegria. E iniziamo dalla storia di quella prostituta colta in flagrante e portata in piazza per essere lapidata, come prescrive la legge riguardo agli adulteri colti “sul fatto”. Il peccatore lo lasciano stare - ma la legge dovrebbe applicarsi anche a lui – perché probabilmente si tratta di un soldataccio romano, un militare di stanza laggiù, abituato a procurarsi una donna a prezzi ragionevoli, come tutti o quasi i militari in missione. A loro è sufficiente offrire un pasto, un paio di calze, qualche moneta d’occupazione per poi vantarne con gli amici la conquista.
“Il mestiere più antico del mondo”, pessimo luogo comune ovvero frase fritta e rifritta. Basta muoversi lungo le strade consolari, i raccordi stradali, gli anditi privilegiati, per vedersele a sera o a notte, accanto a un copertone bruciato, offrirsi provocanti all’automobilista o al passante. Donne un po’ ammaccate e distrutte, a fine carriera, o gazzelle nere piovute dal continente africano che ostentano cosce sode, gambe lunghe e seni prosperosi, il tutto in mostra quanto più possibile. Talora un vecchio prete romagnolo le raccatta - o meglio, le accoglieva - prospettando loro una difficile ma appagante vita alternativa. Più ascose, ma a tiro di cellulare, le puttane di lusso, più scaltre, quasi manager del sesso, come le cosiddette escort, renitenti ad ogni pentimento, o come le ninfomani che di una passione insaziabile hanno fatto un mestiere.
A quale di queste categorie appartiene la Maria che viene da Magdala, dunque una migrante, anche se Magdala non è lontana e non ci vuole un gommone per raggiungere la terra promessa. Colta in flagrante dai soliti farisei, gli uomini senza macchia e senza paura, gli insindacabili “sepolcri imbiancati”. La trascinano in piazza, bella e un po’ discinta, e cominciano a darsi da fare per raccogliere sassi e pietre, pronti a compiere il pio linciaggio. Ma Gesù li fredda con una dei suoi assiomi inoppugnabili: Chi è senza peccato… Figurarsi se non lo capiscono al volo… E la ragazza di Magdala, è salva e insieme confusa e redenta. Gesù ha compiuto il miracolo, uno di quelli che non si vedono, senza testimoni, anche perché i carnefici se la sono svignata.
Ma più avanti il prodigio verrà in qualche modo citato dall’evangelista Luca quando annota che ai piedi della Croce del Golgota c’era anche la ragazza di Magdala da cui Gesù aveva cacciato “sette demoni”. Liberata dalla schiavitù demoniaca che l’aveva indotta a un turpe mestiere o ad una cieca passione, Maria Maddalena aveva iniziato la nuova vita. Quando la ritroviamo ai piedi della croce è già una discepola del Cristo, la stampella di Maria madre di Gesù, accanto a Maria di Cleofe e Maria Salomè. Le “tre Marie”, le future regine degli zingari della Camargue, banalmente destinate a condividere il logo del nostro panettone pasquale.
Anche nei Vangeli le varie e diverse Marie si confondono. Gli evangelisti sono dei biografi un po’ inesperti, raccontano solo i fatti salienti, i gesti, gli episodi che più si sono scolpiti nella loro memoria, un po’ come fanno - o meglio come facevano – i partecipanti alle antiche veglie contadine attorno al camino, nelle notti invernali, o fuori sull’aia, durante quelle estive dedicate alla sfogliatura del granturco, donne di mezza età, ragazzi imberbi, fanciulle da marito o vecchi mezzadri col cappellaccio calcato in testa e i baffoni profumati di vino. Tutto vero, tutto indiscutibile, ma i raccordi tra i fatti, i luoghi, le date, le circostanze, la consecutio temporum?
Torna in campo Maria Maddalena? Solo se accettiamo che la peccatrice salvata dal linciaggio e la sorella di Lazzaro siano la stessa persona. Torniamo a Betania, la città dove vive Lazzaro, l’amico di Gesù, ormai decisamente tornato alla vita e alla salute. A cena nella casa di un lebbroso sanato, oltre a Gesù con i suoi fedelissimi, ci sono anche il redivivo con le due sorelle, Marta, l’indefessa ospitale casalinga, e Maria - la peccatrice pentita ? - tornata a vivere con i suoi dopo una prima giovinezza scapigliata, ormai docile e confusa, che forse continua a scontare le sue colpe. Ed ecco che, a un certo punto del convito, Maria si allontana e torna con un vaso di balsamo, un aroma, “un vero nardo assai prezioso”, lo definisce l’evangelista Giovanni. Maria dissuggella il flacone - e subito la casa si riempie di intenso profumo -, ne versa il contenuto sui piedi di Gesù che poi prende ad asciugare con la sua lunga chioma. E assistiamo alla rabbiosa reazione di Giuda Iscariota, cassiere del gruppo nonché futuro traditore, che prende a inveire contro la ragazza dandole della “scioperata” e sprecona: che hai fatto? Un unguento tanto prezioso doveva valere almeno trecento denari. Un rimbrotto in malafede, Giuda si è fatto sfuggire un tesoretto dalle sue rapaci mani di ladro. Ma Gesù è pronto a bloccarlo: quello di Maria è stato un atto d’amore, un gesto preveggente, precorre già la mia morte. Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura.
E arriviamo al culmine della vicenda di Maria di Magdala, la visita al Santo sepolcro di Cristo, il giorno dopo la Sua crocefissione, con relativa sorpresa: i guardiani scomparsi, la tomba vuota, il lenzuolo abbandonato sulla pietra. Ma poco lontano c’è quell’essere soffuso di una strana luce incorporea che si fa riconoscere, elevandola a prima testimone della sua Resurrezione. Poi la grande notizia sollecitamente rivelata agli increduli discepoli di Gesù che, presi da “timore e tremore”, attendono. E Gesù di nuovo fra loro. La speranza di nuovo accesa. Si rinnova la consuetudine di vita fra Gesù, sua madre, Maria Maddalena, gli apostoli messaggeri del nuovo verbo, in una nuova comunione che si prolungherà per quaranta giorni. Poi la dipartita o meglio l’ascesa. Da ora in poi è il seme della “parola” che dovrà germogliare e dare i suoi frutti.
Quando iniziò la persecuzione dei cristiani? Quando i discepoli iniziarono a predicare e testimoniare nei diversi paesi la nuova novella? Quando la nuova setta cominciò ad essere un pericolo per l’ordine costituito che, in vario modo e misura, reggeva i paesi dell’orbe conosciuto? La persecuzione dell’imperatore Domiziano raggiunse anche Efeso dove la Madonna aveva trovato rifugio nella casa costruita da Giovanni, a cui Gesù l’aveva affidata eleggendolo a figlio prediletto. Ma si trattava di Giovanni oppure di Maria Maddalena come propone la nostra storica olandese?
E qui si apre un nuovo mistero, a patto di accettare una tesi audace proposta da Ramon K. Jusino nel 1998. E se tutto quanto i Vangeli annotano circa il giovane Giovanni, “il discepolo amato” che Gesù sembra prediligere in modo particolare e che vuole sempre vicino a sé, in posizione preferenziale rispetto agli altri, colmandolo di effusioni, infine il discepolo al quale dall’alto della croce avrebbe affidato sua madre, non fosse che una trasformazione misogina e cautelare del personaggio di Maria Maddalena? Lei la preferita, lei la depositaria delle sue ultime parole, lei la prima testimone della sua Resurrezione? Lei, “l’apostola degli apostoli", come verrà celebrata nella liturgia bizantina. C’è di più. Un Vangelo apocrifo conosciuto come il “Vangelo secondo Maria” mostra delle evidenti analogie con il Vangelo di Giovanni, l’unico Vangelo che, nella formulazione, negli incontri riferiti e nella “filosofia”, si distingue e prende le distanze dagli altri tre Vangeli detti appunto “sinottici”. Dunque? Una santa congiura misogina, antifemminista antelitteram, per celare l’amore particolare e la comunione non solo di spirito che legava Gesù alla Maddalena?
Nella casa che ospitava Maria, ad Efeso, non viveva anche Maria Maddalena? Da Efeso, dopo la morte e l’Assunzione in cielo della Madre di Gesù, negli anni della prima persecuzione, morto anche Giovanni, rientrato dall’isola di Patmos dove, all’età di cento anni, aveva scritto il suo Vangelo nonchè l’Apocalisse, l’abbandono della dimora e la fuga per sfuggire alla dura persecuzione dell’Imperatore Domiziano. Verso dove?
Una tradizione, suffragata dalla solita “Legenda aurea”, racconta come Maria Maddalena, insieme ai fratelli e altri discepoli, sia partita dalla Palestina per approdare a Saintes-Maries-de-la-Mer dopo un viaggio periglioso, nonostante la barca fosse ingovernabile, destinato al naufragio se non fosse stato toccata dalla Grazia. E l’approdo nella terra degli zingari, la Camargue, e poi, dopo il tempo della permanenza fra quel popolo accogliente o in parte ostile – chissà mai? – il tempo del ritiro, alla ricerca di quel luogo oscuro e solitario, fra le aquile e i cinghiali, che la Maddalena troverà sugli orridi della Provenza. E poi?
E poi c’è il mio piccolo quadretto a olio che mi ricorda la conclusione gloriosa dell’avventura, con Maria, l’ex-peccatrice di Magdala, il teschio di una penitenza mai interrotta e la croce del suo Salvatore.
Quando conoscerò la vera storia di Maria Maddalena? La saprò mai? E perché poi saperla, se basta questa inquietante ricognizione a placare l’ansia di conoscere? O ad accrescerla?
Leandro Castellani
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