venerdì 12 febbraio 2016

ELISABETTA CAMETTI - IL REGISTA



29 ore per non morire. Numero uno di una serie annunciata che dovrebbe comporsi di vicende allucinate e allucinanti racchiuse nel giro di 29 ore, insomma una sorta di sconvolgente “conto alla rovescia” verso la nemesi della novantanovesima ora. Non conoscendo la prolifica quanto giovane autrice il nostro primo pensiero di lettore era che si trattasse di un thriller americano puntualmente tradotto. Poi ci siamo resi conto che l’operazione era inversa: thriller di autrice italiana ma ambientato a New York e costruito pedissequamente sulla falsariga degli autori statunitensi di successo. Insomma un’opera esportabile negli USA per essere re-importata in Italia per quelli che amano il thriller statunitense. Scusate il gioco di parole. Il romanzo è scritto con quella progressione drammatica, carica di suspense, che caratterizza le opere del genere. Anche lo stile e il moduli del racconto sono immediatamente riconducibili a quelli USA. Non si risparmiano particolari d’obbligo come le mutilazioni e le torture, i serial killer psicopatici, gli hacker tuttofare, i talk show, i poliziotti disinvolti. Tutto ruota attorno a due figure femminili, una fotoreporter d’assalto e una profiler della Polizia, abbastanza simili fra loro: donne decisioniste e un po’ mascoline. Cosa dire di questo thriller? Non si può dirne male perché assolve in modo egregio il compito di fornire una lettura suggestiva e intrigante, non se ne può dire troppo bene perché questo clone di un modello americano conserva, nonostante le soluzioni impreviste, qualcosa di scontato, un deja-vue per citare una delle chiavi della storia. 

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