sabato 13 febbraio 2016

JAVIER CERCAS - L'IMPOSTORE



Nel 2005, poco prima che venisse celebrato il sessantesimo anniversario della liberazione dei campi di sterminio nell'ex campo di Mauthausen, Enric Marco venne smascherato pubblicamente da uno storico, Benito Bermejo, che scoprì come il sedicente sopravvissuto non fosse mai stato internato a Flossenbürg. Un vero e proprio scoop che sconvolse l'opinione pubblica e il mondo intero. 
La vicenda può apparirci un po’ lontana, riguardando un novantenne che ha vissuto le vicende della Spagna franchista, della guerra e dell’età di transizione verso la democrazia, ma Javier Cercas, professore di letteratura spagnola e saggista, tratteggia in modo esemplare la figura di questo “splendido” impostore” che deve la sua credibilità e fama al fatto di essere un sopravvissuto ai campi di sterminio nazista ma che, una volta scoperta la menzogna, cade nel generale discredito nonostante continui disperatamente a tentar di  accreditarsi quale anarchico della prim’ora, antifranchista, deportato, sindacalista… insomma quale eroe. Ma l’interesse precipuo delle quattrocento pagine de “L’impostore”, edito da Guanda, consiste nella sua particolare struttura. Il libro è scandito in varie parti, nelle quali ricostruzione, analisi, discussione e dibattito si alternano e interferiscono. Cercas parla a lungo delle sue esitazioni e remore prima di votarsi a un’impresa del genere - ricostruire la storia di un’impostura - ma alla fine intraprende la ricerca con la diffidenza e la minuziosità di un archeologo: l’incontro con Enric Marco, la pedissequa ricostruzione della sua vita pubblica e privata, poi la disamina dei documenti, l’impegno per comprendere e forse giustificare quella splendida menzogna. Incombe sull’autore lo lezione di Cervantes con il suo “Don Chisciotte”, storia di un buonuomo che a cinquant’anni suonati decide di intraprendere la via del sogno per inventarsi nuovo e diverso. Un mitomane? Affascinato suo malgrado dal personaggio di questo novantenne, efficace e imprevedibile affabulatore, vittima e un po’ stregato dalla vasta eco ottenuta sui media, l’autore non si perita di porre continuamente in crisi il personaggio e la sua stessa ricerca. Così il libro torna ad essere la storia di un’indagine, una vita ricostruita per via di ipotesi. Cercas ci conduce lungo questo impervio cammino, districandosi fra i suoi dubbi e i suoi incontri, verso una conclusione aperta: “la realtà uccide e la finzione salva”.

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