Intanto mi ci vorrebbe un morto. Ricerca non ardua. Oggi i morti, specie quelli ammazzati, abbondano, e non parlo solo dei cadaveri sterilizzati, amorfi, pseudo-manichini, disseminati nei film e romanzi gialli. I defunti a causa delle catastrofi più o meno naturali come terremoti, crollo di ponti, tsunami, incidenti sul lavoro, sciagure bibliche, cadute da cavallo, pandemie. E non metto in conto tutti quelli dei videogiochi o dei film cosiddetti d’azione, che crollano come birilli o manichini da vetrina sotto i colpi delle armi micidiali ostentate dagli avversari, morticini colorati e coreografici che non fanno neppure tristezza. Dopodiché, per cercare il colpevole del delitto di turno, dovrei inventarmi l’apposito commissario, detective, investigatore privato, insomma il protagonista del mio “giallo”: Sherlock Holmes, Sam Spade, Philip Marlowe, Hercule Poirot, Nero Wolfe, Jules Maigret o chi per loro. Visto che si tratta d’inventare propenderei per un’investigatrice, ma non tiratemi fuori quell’ammuffita di Miss Marple! Come immaginarmi la mia eroina? Una bella ragazza, longilinea ma non troppo, pin-up tutta curve, da rivista patinata, analoga a quelle che appaiono in tv, ma anche meglio, con occhi che esprimano intelligenza oltre che provocazione. Una di quelle ragazze che, quando passano per strada, voi le fischiate dietro rischiando di finire in prigione. Trattandosi d’inventare meglio tenersi comodi, ed io l’ho pensata così: chi la vorrebbe una protagonista sbilenca e sfiorita? Un’aspirante investigatrice alla ricerca di un “caso”, talmente spregiudicata da inventarselo alla bisogna.
Fare l’investigatrice era stata sempre la passione di Carolina, il suo più ardente desiderio, da quando – appena una bambina – era riuscita a ritrovare tra i rifiuti del cassonetto la tazzina di porcellana cinese che mancava dal servizio buono di sua nonna e che, con tutta probabilità, l’inesperta collaboratrice familiare del momento aveva buttata via senza accorgersene, insieme allo strofinaccio e al centrino di Offida. O forse se n’era accorta e lo aveva fatto apposta: parlo della colf.
Divenuta un’avvenente giovinetta, Carolina aveva conservato la stessa passione ma, vista la momentanea mancanza di “casi” veri, aveva deciso di crearsene uno, fasullo quanto incontestabile, puntando sulla collaborazione della sua amica più fidata, la quale avrebbe dovuto simulare un rapimento con lettera di riscatto e minaccia di morte. Niente di nuovo, un soggettaccio visto e rivisto al cinema e in tv ma, per il momento, la nostra aspirante investigatrice non aveva di meglio.
Ecco il piano. L’amica del cuore dovrà sparire dalla circolazione per alcuni giorni. Tanto vive sola e nessuno se ne accorgerebbe se Carolina non mettesse in giro la notizia. Notizia o meglio notizietta curiosa, tale da essere captata dal giornale locale e presto ripresa da quello nazionale a distribuzione gratuita: Giulia Giulietti, giovane giornalista in erba, sparita dalla circolazione da oltre un mese: una gita, una fuga o un rapimento? La famiglia inesistente tace, tacciono i compagni di lavoro precario. Anche per il fatto che Giulia non ha né famiglia né lavoro precario. Un rapimento, una vendetta, la furia di un innamorato deluso, o non piuttosto la Mafia, l’Andrangheta, la Sacra Corona Unita, Cosa Nostra? Niente paura, ci penserò io a rintracciarla!, garantisce Carolina, che con l’amica scomparsa mantiene un inconfessabile contatto quotidiano segreto. Agirò nell’ombra, datemi tempo!
La storia non passa inosservata alla più insaziabile delle assatanate conduttrici televisive che, accaparrandosi Carolina e la sua indagine, è pronta a garantirsene l’esclusiva. Va sul sicuro perché ogni giorno la ragazza ne inventa una nuova, tirando fuori nuovi particolari, scoprendo indizi, seguendo tracce e annunciando decisi passi avanti nell’indagine, seguiti saltuariamente da veloci passi indietro. Illude e delude tirando fuori indizi centellinati via via: una foto, un fermaglio da capelli, una busta da ricattatore, un golfetto rosa, un coltello sporco: sangue o conserva di pomodoro come nei film? Ogni giorno una scoperta, una rivelazione, salvo i festivi, quando il programma dell’assatanata tele-conduttrice non va in onda.
Tutto per il meglio. Ma un brutto giorno, mentre l’aspirante investigatrice-lampo si appresta ad aprire la consueta conferenza stampa, giunge la notizia, improvvisa e inaspettata, come il tradizionale quanto inflazionato “fulmine a ciel sereno”. A pochi chilometri dalla città, in un casolare abbandonato ma abituale residenza di barboni, girovaghi, ladruncoli e drogati, è stato ritrovato il cadavere di una ragazza. Che guarda caso risulterà essere quella di Giulia Giulietti, l’amica di Carolina falsamente datasi alla macchia per agevolare la carriera dell’aspirante investigatrice.
Le carte del gioco sono tragicamente cambiate. Dalla capitale arriva quasi in volata un investigatore vero, con tanto di diploma e patentino. La situazione si ribalta. Non si tratta più di una strana scomparsa da “chi l’ha visto”! Qui c’è un cadavere, anzi “una” cadavere. Come faceva l’inesperta Carolina a sapere tante cose? E se fosse stata proprio lei a condurre un gioco pericoloso sfociato in un delitto? Da investigatrice misteriosa Carolina diventa elevata – o declassata - a principale indagata. Ora è lei a doversi difendere: com’è venuta fuori quella foto, da dove è spuntato il golfetto rosa, come è stato trovato il coltello sporco? Ecco perché – come è pronta a insufflare la stampa vampiresca – ‘sta Carolina sapeva sempre tutto! E se fosse stata proprio lei l’ignobile assassina! Per l’investigatrice sono i cosiddetti “cavoli amari”. Occorre che ricorra a un avvocato o meglio – per osservare la parità di genere – a un’avvocatessa. Carolina resiste, si difende, si trincera dietro il famoso “articolo quinto”, molto usato negli Usa, che suggerisce: “quello che sai… tientelo per te”. Ne va della sua reputazione di investigatrice e di tele-informatrice. Del resto anche la patronessa dei pomeriggi-tv è pronta a girarle le spalle. Naturalmente la solerte avvocatessa che si è assunta la difesa è pronta a sostenere che si è trattato di una candida burla finita male: una falsa scomparsa a fini promozionali per l’amichetta in carriera. Ma le prove sono schiaccianti: quel golfetto rosa lo avevano comprato insieme – la prevedibile assassinata e la presumibile assassina – nel supermercato appena inaugurato vicino alla stazione ferroviaria, quello che aveva preso il posto di un vecchio mastodontico mulino, raro quanto ingombrante esempio di archeologia industriale. E il coltello? Non faceva parte della serie di lame da cucina ordinate per posta dalla neo investigatrice? Quelli di titanio fasullo che comparivano negli spot televisivi del cuoco finto-italiano, malamente doppiato, il quale ne vantava la funzionalità nel taglio di roast-beef, arrosti con dentro la frittatina, cotolette asburgiche e patate julienne, nonché utilizzati anche per tranciare contenitori in alluminio o in dura plastica? Quanto al procuratore non stava più nella pelle: che bel processo si prospettava, con un’imputata bella come una star e un’avvocatessa di difesa arrancante e un po’ patetica.
Il giallo s’infittisce. Essendo fortunatamente eliminata dalla nostra Costituzione la pena di morte, restava disponibile l’ergastolo, o i trent’anni di prammatica. A questo punto il giallista di vaglia – fate conto che sia io – si troverebbe nel dubbio: un “giallo” alla Christie o un legal thriller alla Grisham? Come venirne a capo per chiudere la storia? Lapalissiano: individuando il vero assassino. Sarebbe l’unico modo per salvare la bella incriminata dalla inesorabile forca mediatica nonché dalla prigione. E qui il giallista improvvisato – sempre io - si troverebbe a mal partito. Scovare l’assassino vero e proprio. Chi? Un violentatore di mestiere? Un fidanzato abbandonato? Un nemico giurato? Un condomino scocciato? Il solito clandestino? Un giovinastro di buona famiglia? Interesse, amore, gelosia, passione, rabbia, rancore, rappresaglia, odio… Che meravigliose prospettive mi si aprono davanti!
LEANDRO CASTELLANI
La trama è comprensibile per tutti, ma l'accenno al mulino è una cripto-firma alla fanese. E l'accenno al coltello e al suo promotore pubblicitario allude forse all'analogo promotore pubblicitario di Rete 4 che reclamizza un coltello affilato al laser e con lama con bollicine d'aria incorporate per renderlo tagliente, scivoloso e veloce anche quando si tratta di tagliare cose, come certi formaggi, che tendono ad appiccicarsi alla lama e trattenerla.
RispondiEliminaIl colpevole? Carolina, ovviamente. Tutta la sua macchina teatrale-romanzesca è fatta apposta per sembrare colpevole, al punto da essere sospettata ma non da essere condannata, per uscirne poi pulita e trionfante. C'è un film Usa in cui il colpevole dissemina prove a suo danno, e lo fa apposta, riservandosi una prova chiave della sua "innocenza" per il processo. Così viene assolto e, quando il testardo detective smonta la sua prova d'innocenza, non può ormai essere di nuovo processato per lo stesso delitto, perché così vuole il codice penale Usa. Ma il detective, che aveva anche motivi personali da giocare nella vicenda, si trasforma in assassino vendicatore e punisce con la morte l'assassino assolto. Chi, nella prossima puntata, vendicherà Giulia uccidendo Carolina?