Il mezzo è il messaggio: definizione sibillina del buon profeta Mc Luhan. E il mezzo più disponibile sarebbe la scrittura. Scrivere un romanzo che sia insieme mezzo e messaggio. Che sogno! Qual è stato nel corso dei secoli il mezzo impiegato per scrivere? Lo scalpello dei trogloditi, il dito intinto nel fango, una punta di pietra? Seguono nell’ordine la matita, il gessetto, la penna col pennino di varie fogge e poi la cosiddetta biro, la stilografica, il pennarello, e poi ancora la macchina da scrivere, la mia Lettera 22, l’Olivetti elettrica. E poi spunta l’informatica, prima la tastiera del computer e poi di nuovo il dito, che stavolta si muove sul mouse, per giungere al semplice appunto vocale al mio cellulare. E di questo passo chissà dove andremo a finire! Insomma se c’è la voglia e la fantasia, i mezzi per scrivere non mancano. Gli antichi romani amavano scrivere con lo scalpello, usando come supporti alla scrittura blocchi di marmo o di travertino, per fissare qualche legge indispensabile, celebrare una vittoria, ricordare un defunto, eccetera. Non è dato sapere in che epoca iniziò la moda di scrivere sulle pareti dei cessi pubblici usando il dito, sorvoliamo i particolari. Consuetudine che venne più volte sconsigliata dalle autorità preposte alla pulizia e all’educazione ma che pare continui tuttora nei cessi pubblici quasi scomparsi e in quelli di bar e ristoranti. Preferibilmente parolacce e sconcezze, talvolta anche con annotazioni di nomi, maschili o femminili, nonché di numeri telefonici da cellulare. Ma stiamo divagando. Volevano rivolgerci agli aspiranti romanzieri o mi sbaglio?
Se uno ha voglia di scrivere, scrive ovunque. Annota personaggi e idee sul biglietto della Metro o sugli scontrini dei negozi, sul pacchetto di sigarette per chi è fumatore. Fissato lo strumento di cui vogliamo servirci chiediamoci il perché. Perché vogliamo scrivere un romanzo? Per avere il piacere di farci leggere ed apprezzare. Per fissare una storia che “ci scappa”, ci urge, ci preme dall’interno, per parlare di noi fingendo di parlare di altri, per raggiungere la fama, gli onori e la Treccani? Cominciamo con lo stabilire il perché, smettiamola di girarci intorno. A questo punto dovremmo decidere cosa scrivere, di cosa parlerà il nostro romanzo, a quale genere potrà appartenere. Un giallo con impenetrabili enigmi da risolvere in fretta a una pagina dalla fine? Un horror fitto di streghe, bruti, mostriciattoli, cadaveri in trasferta, sanguinolenze assortite nonché incubi notturni? Un romanzo d’amore pieno di eteree bellezze, di baci desiderati, di desideri carnali sognati o magari praticati, oppure rimandati sino al prevedibile epilogo, con o senza cerimonie ufficiali, civiche o religiose che siano? O una di quelle storie di adesso, fitta di amplessi descritti in dettaglio, etero o preferibilmente mono, di coppia, di gruppo?
Stabilita la finalità che intendiamo raggiungere e l’ambito che ci siamo assegnati possiamo finalmente cominciare a narrare o ad esplorare la nostra storia, senza più rimandare con scuse o sotterfugi. Ma… tempo scaduto. Ci leggiamo alla prossima.
LEANDRO CASTELLANI
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