La riproposta, grazie agli amici di Facebook, della mia sempre annunciata e sempre rimandata autobiografia, dal titolo ermetico de “La valigia di Hiroshima” e dal più esplicito sottotitolo, “memorie di un fabbricante di immagini”, mi ha costretto a una sorta di esame, insieme di coscienza e del contenuto dei cassetti. Ormai gli anni incombono e, se non ancora inderogabile, è auspicabile il tempo dei consuntivi. La mia voglia di scrivere non è scemata. Certo le mie paginette non hanno più la cifra poetica e disincantata che avevano qualche anno fa. Ma che fa? – rima involontaria- . Dunque vediamo cosa mi resta di già confezionato da pubblicare, cioè da proporre ai miei quindici lettori, pochi ma fedeli e affezionati.
Faccio una premessa. Non ho mai affrontato volutamente
le forche caudine delle agenzie
letterarie e degli editori di serie A, quelli
che stampano i best-seller stranieri e i libri dei barzellettieri televisivi. E
non mi sono nemmeno trastullato con tentazioni di autopubblicazione, cioè con
quello strano gusto – un po’ perverso – del “fai da te”. E neppure mi sono mai
fidato dei cosiddetti editori che chiedono il “pizzo” letterario, anche se strutturato
in vario modo. La mia preferenza è sempre andata agli editori seri, disponibili
a rischiare di persona, come del resto fa l’autore, cioè io. Fine della
parentesi.
Ma ce n’è ancora un’altra: prima di parlare della “giacenza inediti” dovrei riferire dei miei più recenti libri editi o dei quasi editi. “Il trasloco”, l’ho scritto di getto, per la stessa strana eccitata urgenza che mi aveva dettato anche il primo dei miei libri a carattere narrativo, cioè non legati a intenti divulgativi o giornalistici o saggistici. Storia stralunata di un uomo che rilegge la sua vita a partire da un bislacco trasloco. Da dove e per dove? A questo perverso autoritratto (?) ho aggiunto alcune storie fra incubo e magia, che è il terreno nel quale più agevolmente mi muovo. Dove le osservazioni, i ricordi e i sogni interferiscono col vissuto e non sai come o perché liberartene. E poi è in corso di stampa il mio primo – e credo ultimo – libro di satira un po’ cattiva: “Lo zolfo, il fuoco e la tv”. La prima e ultima volta in cui l’acredine mi si esplicita in un racconto, amaro se non fosse irridente, e quindi – mi auguro - divertente. Immaginatevi: un Abramo contemporaneo alla ricerca dei dieci uomini onesti che possano evitare una rinnovata catastrofe biblica, pioggia di zolfo e fuoco stile Sodoma e Gomorra. Tutto da ridere, o tutto da piangere. E adesso è finalmente il caso che passi a illustrare gli inediti…
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