domenica 18 agosto 2019

HORROR A FANO


La frequentazione con il cinema, sin dagli anni dell’infanzia, mi ha insegnato a incasellare sensazioni e ricordi in quei comodi cassetti che la pubblicistica definisce “generi”, cinematografici o di narrativa che siano. Cosa sono i generi? Schemi narrativi su  disporre una storia. C’è il genere “giallo” – ricordo di aver conosciuto a Cattolica il creatore, se non del “genere”, almeno del colore che poi individuò un genere per una famosa collana editoriale, Era un signore molto simpatico, alto una spanna. Come Danny De Vito per intendersi, incontrato molti anni dopo negli USA. Un vero nano. Ma di giallo, cioè di polizieschi e di thriller, Corrado Tedeschi  sapeva tutto, e ne bruciava come lettore, per scegliere i testi da far tradurre, tutto quello che via via si produceva in Inghilterra, patria ideale, e in America, patria attuale.
Torniamo ai “generi”, un  cassetto per il giallo, un altro per l’horror. C’era l’horror a Fano? Quanto ne volevi! Quello codificato, come la carrozzaccia dei Martinozzi che ogni notte partiva dal retro del palazzo omonimo in via Arco d’Augusto, percorreva a galoppo sfrenato tutto la strada, non corta ma neanche chilometrica, si buttava nel fossato fra l’Arco sunnominato e la facciata della Chiesa di San Michele, in quel fossato, allora chiuso da un’inferriata ma che evidentemente non era di ostacolo alla carrozzaccia e al suo diabolico cocchiere, Come facesse poi a rientrare nella stessa nottata alla base di partenza non è dato saperlo.
Più avanti arrivò l’horror dei bombardamenti, delle vittime, della guerra, della invasione e delle occupazioni, tutti horror vissuti “in diretta” si direbbe oggi. Le nuove generazioni di oggi, fortunatamente per loro, non hanno più di questi horror e debbono ricorrere a quelli posticci importati dagli Usa, cioè Halloweeen, Dolcetto o scherzetto? Il nostro grande cimitero comunale non è mai stato funestato o coinvolto da leggende orrifiche. Da noi i morti sono rispettati e amati, basti vedere l’assiduità delle visite d’inizio novembre, la cura dei fiori e delle luci. Non saranno i bei giardini accattivanti - e vorrei dire invitanti - dei cimiteri tedeschi o le atmosfere zuccherose di quelli americani, ma sono una cosa seria, oggetto di incontro e di rinnovata casta commozione.
Ma un horror vero, di quelli da quattro soldi creati da un volonteroso e fecondo cialtrone che si chiamava Roger Corman, avrei voluto crearlo anch’io. Horror tutto fanese, con Dracula che spunta dai sotterranei di Vitruvio, quelli a cui si accede da una  porticina a mo’ di edicola che interrompe le scale di Sant’Agostino. Ecco, a mezzanotte inoltrata, la porticina si apre e una sagoma nera percorre velocemente la stretta via Vitruvio, attraversa Piazza degli Avveduti, addossandosi alla parete del Politeama per non rischiare di essere investito dal passaggio veloce della carrozzaccia e poi gira per Piazza del mercato, s’inoltra nella strada che conduce in Piazza XX settembre e là, sotto i portici del palazzo della Ragione, sosta un po’. Ma niente passaggio di verginelle. E deve riprendere il cammino, un tratto di corso poi via de Rusticucci, si tiene lontano da Santa Maria Nuova per ragioni  di evidente opportunità... E qui dovrei continuare a inventare con più fantasia, incontri, agguati, appostamenti, sorseggiamento di passanti di genere femminile, sino a quanto la campana di un inesistente campanile, forse uno di quelli fatti crollare dai tedeschi, lo richiama all’ovile prima che sorga il sole.  Un po’ monotono come horror. No, se vi aggiungessi spettri vari, immagini di animali fantastici risorti dai mosaici romani nascosti nei sottosuoli di via Francesco d’Assisi, gli spiritelli malefici usciti a fronte dai ruderi della chiesa omonimo, e poi un volo di streghe cavalcanti le relative scope a far carosello attorno al tozzo torrione di San Pietro. Un horror coi fiocchi, da girare una notte o forse due grazie alle nuove tecniche digitali che possono fare a meno delle luci o usarne molto poche purchè in modo avveduto.  
(Leandro Castellani)

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