lunedì 4 aprile 2016

SCRIVERE ALLA MODA



Vorrei scrivere un nuovo romanzo. Ma di quelli che vanno di moda ora: con molte scene sexy, stupri, violenze carnali o amori appassionati. E poi omosessuali, deboli e frustrati o potenti e dominatori. Amori omosex fra maschietti e tra femminucce. Cosa ancora? Un po’di buonismo, una shakerata di mode radical chic, un antirazzismo così assoluto e apodittico da diventare razzista… Non dimentichiamo i delitti e i serial killer. Già, ma il tutto dovrebbe convivere con quel gusto per le vicende della storia, possibilmente molto trapassate, che mi contraddistingue.
Finalmente mi sembra d’aver trovato l’ispirazione per far incontrare le varie istanze: un romanzo sullo “Jus primae noctis”. Idea fulgida! Quasi quasi comincio subito. Vediamo!
Dunque Sir Lancillotto da Lugo è il signore feudale più prepotente e sessista che ospiti la Romagna. I suoi sottoposti, gente del contado, contadinotti ma anche artigiani e piccoli professionisti, debbono soggiacere alla dura legge stabilita da un suo remoto antenato e divenuta tassativa: ogni  giovanetta che convoli a nozze con un residente deve cedere il proprio pulzellaggio al locale feudatario, cioè a lui, pena la morte praticata nei modi più atroci: squartamenti, evirazioni, sbudellamenti, garrote, mannaie e ghigliottine. 
Ed ecco che, a nozze celebrate e benedette da apposito abate, la sposina viene accompagnata a castello dal genitore o dallo stesso neo consorte. La consegnano all’ingresso, ricevono regolare ricevuta poi si ritirano a piangere e disperarsi in separata sede. La sposina sale le scale e, introdotta da apposito scudiero, varca la soglia dell’appartamento privato a tal uopo riservato. Staziona nella confidente attesa di essere ricevuta dal feudatario - un po’ d’educazione, che diamine!, - qualche preliminare, magari una cenetta a lume di candela prima della cerimonia della deflorazione. E invece no. A riceverla c’è la nutrice del Duca, una zitellona ultraquarantenne ma piacente, dall’apparenza e dai modi moderatamente mascolini. “Vieni, vieni, caruccia, fatti preparare. Spogliati pure, ma un capo alla volta, con calma.” Insomma le  richiede una specie di spogliarello improvvisato, senza neanche bisogno dell’accompagnamento musicale. La tardona segue con evidente interesse la svestizione, si umetta le labbra, freme di eccitazione via via che le si svelano le nudità della fanciulla. “Un momento, carina, fammi controllare se sei illibata”. Le si accosta, comincia ad accarezzarla, prima i seni eburnei poi il pancino e poi più giù verso la vagina che spunta fra la piccola boscaglia bruna. Già, perché nel medioevo la foresta del pube doveva rimanere intatta e rigogliosa. La nutrice si spinge oltre, saggia la tenuta del sesso: “Brava carina, sei proprio verginella, fatti consolare.” E la sposina deve cedere agli abbracci birichini della nutrice. 
Intanto, con l’occhio schiacciato contro l’apposito pertugio a tal uopo praticato nella parete, il feudatario ha spiato i preliminari amorosi della vogliosa fantesca e insieme le procaci nudità della verginella a lui riservata e si è eccitato a puntino, da bravo guardone professionista, tanto che arrivato al clou dell’ispezione preliminare, a evitare il precipitare della situazione, preme l’apposito pulsante per farsi recapitare la fanciulla senza ulteriori indugi. L’attende in costume adamitico, già piazzato sul morbido giaciglio che si è fatto abbondantemente irrorare di profumi. L’amplesso è immediato e la consumazione del frutto altrettanto rapida. Qualche strilletto e, come sempre, la penetrazione, salvo incidenti e casi particolari, è sbrigativa e abbastanza indolore. Segue un piccolo rinfresco a base di frutta pregiate, vini liquorosi e bonbon d’esportazione. Poi con calma il feudatario approfondisce la conoscenza carnale che, con i necessari intervalli, si prolungherà sino al mattino successivo quando la sposetta, rimpannucciata negli abiti nuziali e dopo il rituale bacetto alla nutrice, verrà riconsegnata ai congiunti unitamente a una piccola dote in dobloni, di solito proporzionale al godimento che il feudatario ne ha tratto.  Questa la prassi.
Ma erano sempre vergini le sposine? Dovevano esserlo, per almeno due motivi. Per gli ammonimenti del santo sacerdote che raccomandava la castità e per gli editti del feudatario che promettevano il taglio della mano o di un altro accessorio ancor più utile in caso di riscossione anticipata da parte del promesso sposo. Quindi tutte vergini. Al bisogno c’erano altri sistemi per far felici i fidanzati.
Ma ci fu un imprevisto. All’indomani della conclusione della lunga guerra con Cesena, che aveva tenuto a lungo i guerrieri lontani dalle loro promesse, molti dei reduci decisero quasi contemporaneamente di convolare alle agognate nozze. Per il feudatario si prospettava un “tour de force” forse eccessivo. Come risolvere il problema? Contingentare i matrimoni? Giovarsi di volenterosi aiutanti per il rito delle deflorazioni? Ingerire quelle erbe preziose, di colore azzurrino, delle quali il taumaturgo di corte vantava i prodigiosi effetti?
Il signore ci pensò a lungo, ma non c’erano vie d’uscita e dovette assoggettarsi, di buon grado oppure obtorto collo, alla corvée che peraltro trovava particolarmente disponibile la solita nutrice addetta agli spogliarelli e alle visite pre-coito.
Alla fine del fatidico mese il Duca era stremato. Fu costretto a emettere un editto: per ragioni di stato e di alta politica, visto l’eccessivo incremento delle nascite nell’ultimo biennio, le stipule matrimoniali sarebbero state sospese sino a data da destinarsi. I fidanzati venivano invitati a procrastinare cercando legittimi piaceri in altre pratiche sessuali più sofisticate o godendo dei vantaggi della castità. Il popolo non fu proprio d’accordo, ci furono mugugni, tentativi di far recedere il monarca, ma niente da fare. I giovani più ardenti tentarono di organizzare una spedizione in feudi limitrofi, svincolati dalla legge capestro vigente nel feudo. Ci furono episodi tipo “ratto delle sabine” con conseguente malumore fra le locali verginelle in  attesa che si sentivano defraudate. 
Stop! Non ce la faccio più ad andare avanti. Sento già le critiche: vecchiume, chi se ne frega del Medioevo. Potrei attualizzare il tutto: al posto del feudatario un potente – industriale, banchiere, politico, produttore cinematografico –, al posto della nutrice vogliosa la manager tutto fare del principale, di chiare tendenze lesbiche, al posto degli sposi i precari,  i lavoratori e i derelitti di ogni tempo. Resterebbero fuori gli omosessuali di genere maschile, gli extracomunitari, i politici di professione, i vegani. E allora: basta! Come romanziere non ci so proprio fare!

Nessun commento:

Posta un commento