Ci
sono etichette utili per incasellare gli avvenimenti della storia e/o della
letteratura: Rinascimento, Romanticismo, Verismo ecc. E ci sono etichette che
rischiano di riassumere e talvolta omologare temperamenti diversi e differenti
valori. Per quella sorta di “riassunto tipo Bignami” che ognuno di noi ha in
testa Scapigliatura vuol dire una sorta di Romanticismo a oltranza, il margine
estremo per bohémiens parigini made in Milano e il nome che si cita è quello di Arrigo Boito. Eppure
quanti scrittori dotati di una propria individualità e forse in attesa di
adeguata riscoperta, da Antonio Ghislanzoni a Iginio Ugo Tarchetti, entrambi
prolifici autori e di opere insospettabili, a volte decisamente trasgressive.
Ghislanzoni con i suoi imprevedibili e rocamboleschi romanzi d’avventure nonché
i libretti d’opera per Verdi e Ponchielli,
Tarchetti scrittore poeta e giornalista con i suoi racconti fantastici e
umoristici, dove si scoprono, ma rivissuti in modo originale, echi di E.T.A.
Hoffmann e Edgar Allan Poe,
Di
Iginio Ugo Tarchetti abbiamo riletto quello che viene considerato il suo
capolavoro, cioè “Fosca”, pubblicato postumo e concluso dalla penna dell’amico
Salvatore Farina, storia di tre destini legati da un amour fou, quello di
Giorgio per Clara, bellissima, e quello di Fosca, non gradevole d’aspetto ma in
grado di esercitare un fascino perverso, per Giorgio. Amore intriso di nevrosi
e di isterismo, amore che distrugge e si autodistrugge. Giorgio è appunto
stretto tra i due fuochi rappresentati dalle due donne amate e dai loro
caratteri antitetici, sottolineati allusivamente dai loro nomi. Il romanzo è un
capolavoro nell’analisi sottile e spietata dei sentimenti, uno studio raffinato
di psicologie morbose e contorte che, in un certo senso, sembra preludere al
decadentismo dannunziano. Un romanzo che va riletto al di fuori delle etichette
e degli anni, in questo caso trascorsi invano, data la sua corrosiva modernità.
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