So
che sto introducendomi in un terreno minato, data l’assoluta mancanza di
tolleranza nell’odierno comune sentire. Ci si professa difensori dei diritti
universali ma in realtà appena uno si discosta un poco dall’ideologia dominante
piovono gli ostracismi. Tutti tolleranti ma fra di noi.
Metto
dunque le mani avanti prima di affrontare l’argomento pudore. Pudore? Che vuol
dire?
Un
passo indietro. In una recente celebrazione liturgica Papa Francesco rivolgeva
queste parole, cito a memoria: “se c’è qualcuna che deve allattare il proprio
bambino lo faccia pure qui, non c’è problema.” E infatti il problema non c’è:
cosa c’è di più bello, sublime, di una mamma che allatta al seno la propria
creatura? Solo che un tempo la donna che doveva svolgere quella sacrosanta e
necessaria funzione si ritraeva da un lato e magari si copriva il seno con un
velo. Solo per pudore, cioè per rispetto degli altri ma, prima ancora, della
propria riservatezza.
Analoga
considerazione dicasi per le estreme, plateali, esibizioni di affetto in
pubblico. Baci abbracci, contorsioni corporee. Tutte cose bellissime, viva
l’amore, etero o mono che sia. Ma il pudore, la privacy? Non confondiamo il
diritto all’amore con il dovere dell’esibizionismo ad ogni costo.
A
questo punto trovo disdicevole chi si scandalizza per qualche turista che orina
in pubblico mettendo in mostra le proprie pubenda: che c’è di male, non sono
funzione normali, costitutive dell’essere umano? E il pudore? E la
riservatezza, diciamolo in inglese che suona meglio, la privacy?
Cerchiamo
di essere più autenticamente tolleranti: viva l’affermazione dei propri
diritti, il riconoscimento più ampio e incondizionato degli stessi. Viva le
manifestazioni civili di chi ci sta e quelle di chi non ci sta. Ma certi gesti
lasciamoli al Carnevale o, se del caso, alle pubbliche latrine.
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