giovedì 16 giugno 2016

DIABOLICO DUMAS !




Diabolico Dumas, questo scrittore un po’ mulatto (sua nonna era una “schiava” africana di Haiti) ma più francese dei francesi, facile ad essere catturato dalle imprese straordinarie sino a farsi cronista fuori ordinanza di un splendido avventuriero come il nostro Garibaldi, a cui fornisce armi munizioni e camicie rosse per la sua spedizione, impagabile creatore di avventure che inventa e scrive senza temere di mettere al lavoro un piccolo esercito di familiari, Ghost writers ante litteram. Innumerevoli i personaggi che hanno varcato le sue pagine per scavalcare gli anni e diventare eroi del cinema e più tardi della televisione, catturando adulti e bambini. Non so se i critici rigorosi, i letterati doc, con l’eccezione di Giorgio Manganelli e Umberto Eco,  continuino ancora a storcere il naso di fronte ai suoi romanzi, ma so che, grazie anche ai media, le sue invenzioni hanno conquistato quell’immortalità abbastanza ostica da espugnare da parte di scrittori che hanno il grave demerito di piacere a tutti. Fra la vasta schiera delle sue creazioni, due tengono il primato in fatto di ristampe e adattamenti in immagini, “I tre moschettieri” e “Il conte di Montecristo”. Il primo narra una storia, abbastanza pasticciata e inverosimile, accaduta ai tempi di Luigi XIII, quando il grande Richelieu la fa da padrone e la bella regina Anna si mostra un po’ troppo compiacente con un nobile inglese, per cui al pasticcio debbono porvi riparo i tre audaci e fedelissimi moschettieri che, a loro volta, passano in subordine rispetto al quarto intruso, l’immortale D’Artagnan, un miles gloriosus che non vive di millantato credito ma ci sa fare davvero. Ma se possibile il fascino di D’Artagnan passa in seconda linea rispetto a quello di Edmond Dantès, futuro Conte di Montecristo, giovane marinaio annientato dai nemici e beffato dalla sorte. E il momento topico, la scena madre,  quella del recluso nel cartello d’If raggiunto da un altro recluso che...  ha sbagliato percorso e anziché scavarsi una via d’uscita è finito nella cella altrui. Parlo del misterioso abate Faria, il personaggio più singolare della narrativa d’avventura, mentore e pedagogo del giovane marinaio piuttosto ignorantello che trasformerà in un erudito signore, pronto ad affrontare, una volta sfuggito dal carcere, sia il destino che i rivali. Anticipando l’espediente di Papillon, Dantès ci riesce. Per inciso dirò che è stato questo romanzo, letto quand’ero poco più che un bambino, a conquistato per primo la mia fantasia, soprattutto nella prima parte, sino alla conquista del tesoro dell’isola di Montecristo, che permetterà al marinaio di trasformarsi in un Conte e architettare tutta una serie di arzigogolate vendette. Grande Dumas, macchina prodigiosa di immagini e di avventure!

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