Scritto
il venerdì santo, giorno di riflessioni amare. Dovessi fare la classifica dei
programmi più deleteri - diciamo immorali per farci capire - che sta offrendoci
la Televisione italiana, nelle sue due maggiori compagini, sarei indeciso sulla
graduatoria ma comunque porrei sul Podio le rubriche create e gestite dalla
sacerdotessa Maria De Filippi (C’è posta
per te, Amici, Uomini e donne), le gare darwiniane di Bonolis & C. e il
reality ”L’Isola dei famosi.” Alla base la promozione del medesimo ideale: un
mondo sporcaccione che invita i giovani a bruciarsi e gli anziani a
rinfantilirsi, un orizzonte diviso fra arrampicatori in fregola costante e perdenti
con il pentimento e la lacrima facile.
La
bieca speculazione sulle fragilità emotive di giovanissimi e adulti. La caccia
alla crisi emozionale, al pianto, alla pubblica confessione in un clima da
aggiornati autodafè. La competizione sfrenata per mettersi in mostra e
guadagnarsi la gloria fasulla del “serale”. L’esibizione prezzolata di astri
televisivi e star cinematografiche, reduci da comunicati commerciali, eretti a
salvatori di un popolo lacrimoso quanto disperato. L’omologazione di
comportamenti trasgressivi grazie a una buona dose di falso perbenismo
verniciato con più mani di ipocrisia. Il gusto voyeristico di spiare lo sboccio
di effimere combinazioni amoroso-sentimentali (leggi: prestazioni sessuali),
mutandine, bicipiti e culi ostentati a bella posta da giovani e ragazze
rantolanti su letti e divani o racchiusi nella falsa solitudine di un
cosiddetto confessionale. Ed è triste vedere come le vittime preferite di
queste immolazioni siano quasi sempre persone sprovvedute, ignoranti, facili ad
essere suggestionate e plagiate,
ragazzine che tentano di mimetizzare, sotto un abile trucco da diva e vestitini
adeguati, gesti e atteggiamenti da “coatte”. Oppure cosiddetti “famosi” in
cerca di rilancio che, pur di conquistare un ultimo rimasuglio di gloria,
ostentano le loro nudità (ipocritamente schermate con effetti di sfocato) e si
sottopongono a “prove” fra il sadico o il repellente. E quel gusto altrettanto
sadico della progressiva eliminazione, che sancisce e magnifica il
pettegolezzo, la litigiosità, la competizione cattiva.
Su
tutto - ripetiamo - cala una coltre di perbenismo che omologa le deviazioni rendendole
“norma”, addirittura obbligatorie, a fulgido esempio per le sprovvedute
generazioni che seguono la tv.
Mi
accorgo di usare parole forti, giudizi apodittici, tirati giù con
l’accetta, ma non c’è altro modo,
secondo me, di dire pane al pane senza nascondersi dietro il gergo dell’esperto
in scienze della comunicazione. Non sono né un bacchettone né un falso moralista. Non scappo via quando la tv ci
presenta – veri o ricostruiti in una fiction - episodi sconvolgenti e
drammatici come quelli che la vita ci offre ogni giorno, anche se visti nella
loro crudezza e negatività. Ben vengano i nudi integrali che evidenziano –
quando c’è – la bellezza del corpo umano, ma senza vederli dal buco della
serratura, con la pruderie del vedo-non vedo, condannando al discredito morale
e all’emarginazione sociale chi non si adegua. Ma quando si oserà fare un
discorso serio sulla tv e non limitarci all’ennesimo talk show fra responsabili
e falsi esperti, amministrato da un saccente tuttologo?