lunedì 30 dicembre 2019

IO E LA MUSICA - 1


Dunque, nato in famiglia melomane, come buna parte delle famiglie fanesi di allora, avevo appena imparato a leggere che già avevo appreso a memoria un paio di opere liriche, di quelle poco adatte a un bambino, forse. Ma del resto non ne capivo bene la trama né i suoi coinvolgimenti erotico-trasgressivi. Non sapevo che si trattasse delle avventure di un puttaniere e violatore di fanciulle (Rigoletto) e di una mantenuta in vena di sofferta quanto indecisa redenzione (La traviata). Ma mi incantavano personaggi e melodie, con particolare trasporto per le parti orchestrali e per i cori, ma senza trascurare le romanze.
A parte le opere liriche amai da subito la musica, anche perché la mamma cantava molto bene e sapeva suonare il piano ed io avevo avuto la fortuna di nascere, come si suol dire, perfettamente “intonato” e con il senso, anch’esso innato, dei tempi musicali. Ma come tutti fu poi conquistato dalle canzonette, specie quelle pre-demenziali e stupidelle che andavano di moda allora. Su quelle popolarissime di Armando Fragna, il mio corregionale Mario Mattoli riusciva pure a farci dei film.  
Nei miei giovanili exploit teatral-rivistaioli fece spesso uso di canzoni, per esempio quelle del “Quartetto Cetra” che si prestavano a diventare dei “numeri” di pseudo-danza, promettente emulo di fantasisti da musical americani, come quelli che si vedevano al cinema ma che purtroppo venivano brutalmente doppiati nelle parti canore da anonime voci nostrane. A quel tempo l’inglese non lo sapeva nessuno o quasi e i gorgheggi stranieri riuscivano ostici e noiosi, altrettante palle al piede per i distributori nostrani. Avevano persino il coraggio di tagliarle, almeno in parte.

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