Adelaide, piccola veggente
bergamasca. Uno spezzone di pellicola ritrovato per caso nella
soffitta-archivio di un vecchio fotografo, con immagini sgranate, confuse,
nebulose. Una bimba grassottella, piccolissima, gli occhi che guardano in alto,
verso quel punto del cielo dove le appare la Madonna.
1944, anno di guerra, con un esercito
che da alleato diventa invasore, le case distrutte, le campagne desolate, la
miseria, la fame. Nello spezzone del fotografo non si vede tutto questo o forse
sì. Lo si legge sulle facce della gente, sui vestiti lisi, sui capelli ispidi
delle donne, su quelle immagini caliginose di un mondo ormai dimenticato. Ma è
quanto basta perché io possa evocare una storia di santità che in realtà non
conosco e che sono costretto non tanto a ricostruire quanto a immaginare.
Perchè in quel giorno del 1944, alla
piccola Adelaide di quattro-cinque anni apparve la Vergine Maria? Dove? Non in
una grotta come a Loudes o in una collina come a Medjugorje, ma appena fuori
dell’abitato di un paese del bergamasco, in un campetto ruvido dove la bimba
era corsa a rincorrere una povera palla di stracci. No – mi correggo - le palle
di pezza sono per i maschi, di pezza le femmine hanno le bambole, le pupazze,
con capelli di stoppa e occhi di bottoni.
Come appare la Vergine ad Adelaide? E
come ha fatto la gente del paese ad accorgersi subito del prodigio? Non credo
che la piccola, che manco sa esprimersi, sia
andata a raccontarlo a destra e sinistra. Forse l’ha sussurrato a
qualcuno della famiglia? Ma la notizia si sparge. Adelaide ha visto la Madonna!
Le ha parlato? Che le ha detto? Vorrebbero conoscerle tutti quelle parole! Anzi,
udirle con le proprie orecchie. Un messaggio? Forse una profezia? Adelaide
tace. Ma forse la Madonna tornerà, anzi è sicuro! In quel brullo campetto la
gente del paese circonda trepidante la bimbetta che è accorsa di nuovo là, nel
luogo dove per la prima volta è avvenuta l’apparizione e dove potrebbe
ripetersi. Quando? Il giorno dopo: alla stessa ora, oppure in un tempo diverso?
Ai margini del campo del miracolo
Adelaide si blocca: è immobile, non reagisce alle sollecitazioni delle paesane
che le si fanno attorno, pressandola, toccandola come un oggetto di devozione.
La gente vuol vedere, è ansiosa, tutti hanno diritto di vedere quel che vede la
piccola: lo pretendono, è un loro diritto. Estatica, nel suo vestitino da
precoce “comunichina”, il velo bianco le circonda il visetto paffuto, su cui è
stampata l’impronta di una generazione contadina tirata su a polenta. E la
gente tutt’un tratto si placa, timorosa del prodigio che sente imminente,
arresta anche il brusio delle preghiere. Attende la grazia, anzi il miracolo.
Diverrà un angolo di paradiso quello
sparuto campicello? Vi sorgerà un grande santuario con portici e campanili,
come a Lourdes, come a Fatima, come a Medjugorje? Cos’ha da invidiare Adelaide
ai tre pastorelli portoghesi o alla fanciulla francese o alle veggenti croate?
Dissolvenza incrociata, la storia
cammina veloce. Adelaide sta crescendo,
è divenuta un’adolescente, poi una giovinetta, poi una donna. Non si è fatta
monaca come si auguravano i compaesani, una suorina di clausura, chiusa nella preghiera e
divorata da un ricordo troppo pesante da sopportare, una suora come Suor
Bernadette o suor Lucia, ma fa l’infermiera diplomata in una struttura
pubblica. La Madonna è tornata ancora a trovarla, a parlare con lei? La stampa
non ne dà più notizia e la televisione chiacchierona è di là da venire. Restano
solo le immagini di quel vecchio spezzone riposto in un archivio dimenticato. E
allora? Come faccio a ricostruirla e neppure a immaginarla la sua vita da
adulta, accanto a un marito, a una famiglia? Sempre con quel ricordo dolcissimo
e struggente di aver visto la Madonna, lei sola, di aver raccolto le sue
confidenze ineffabili, da conservare gelosamente nello scrigno dell’anima. Un
segreto? Una profezia? Chissà. Cose sue e soltanto sue, il patrimonio di
messaggi raccolto da una bimba appena capace di parlare e di esprimersi.
E finalmente, a distanza di oltre
settant’anni da quel fatto prodigioso, la televisione, due sere fa, mi
trasmette nella cronaca locale le ultime immagini di Adelaide: la bara di una
donna anziana, morta a settantasette anni, portata a spalla fuori dalla chiesa
del suo paese sino al carro funebre che la condurrà al luogo dell’estremo
riposo. Settantasette anni, ancora il sette, il sette delle spade che
trafissero il seno della Vergine Addolorata. Che sia questo il messaggio, la
profezia?
Un miracolo che si è richiuso nel
silenzio, un’apparizione mariana, una delle tante apparizioni di quel maledetto
1944, anno di guerra denso di eccidi e di morti, apparizione che non suscitò
troppo scalpore nei fedeli e nessun deprecabile turbamento nelle gerarchie
ecclesiastiche. Un miracolo discreto da celebrarsi con una povera semplice
cappella sul luogo della visione, qualche lumino, qualche preghiera.
Come vorrei poter raccontare la storia
prodigiosa di una vita normale, forse un po’ meschina, ma sobria, dignitosa,
consumata all’ombra di quell’antico prodigio! E forse narrare il dilemma
racchiuso nel ricordo di un bimba troppo piccola, facile a farsi influenzare,
suggestionare. E se Adelaide si fosse immaginata tutto? Se fosse stata solo
l’incanto di una bambina mitomane? Quanti dubbi crescenti in chi l’aveva
invocata, venerata per virtù della visione prodigiosa! Ma solo lei aveva
conservato il segreto ineffabile di quella storia tutta sua, solo lei conosceva
la verità. Una verità bella su cui aveva costruito una solida, discreta, umile
esistenza, lontano dai clamori, senza aspirare ad aureole di santità. E se la
santità non avesse bisogno di aureole?
(Leandro Castellani)
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