Nella
prima parte del mio “Umorismo e
comicità”, rassegna degli umoristi del Novecento, ho citato come precursori il
giornalista Luigi Arnaldo Vassallo, nome de plume Gandolin, autore di scenette
buffe quanto prevedibili nonché dell’epopea di poveri travet, e Carlo
Lorenzini, in arte C.Collodi, padre del personaggio più illustre della
narrativa italiana, Pinocchio. Mi accorgo tardivamente di aver obliato Antonio
Ghislanzoni (1824-1893). Come?! Tacciare di precursore dell’umorismo
novecentesco il librettista di Giuseppe Verdi, il padre della Celeste Aida (“O
terra addio, addio valle di pianti…”) ? Non si tratterà mica di quel Ghislanzoni
che, nella sua carriera, compose una cinquantina di libretti d’opera, oltre a
fare il paroliere per Ponchielli e Puccini, raggiungendo il top personale proprio
con l’Aida del musicista di Busseto?.. E invece sì, proprio lui. Un umorista
che nel suo romanzo forse più noto – almeno all’epoca – cioè “La contessa di
Karolystria”, narrò l’avventura tragicomica di una nobildonna malandrina
travolta in mille peripezie e imprevisti: fuga dal consorte pazzoide, scontro
con banditi, travestimenti vari, incontro con gli zingari e con l’uomo più
grasso del mondo, caccia all’erede di re Finimondo, con contorno di titolati
vari, preti, porporati, cavalli, profittatori e così via. Penna leggera,
umorismo non volgare, frequenti ammiccamenti al lettore, direttamente apostrofato
qua e là in tono semiserio. Insomma un’operetta da ripescare per una lettura in
piacevole allegria. E bravo Ghislanzoni ! E gli sventurati Aida e Radamès? A
quelli ci ha pensato Verdi.…
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