L’ho ereditata dai miei genitori, è stato il loro dono più importante. Mio padre, da giovanissimo, aveva vissuto l’avventura del cinema diventando Robinson Crusoè, il naufrago nell’isola deserta che si costruisce tutto un mondo di esperienze, di avventure, sognando la nave che lo riporti al suo paese lontano; la mamma era una creatrice di poesie e di fiabe e trovava sempre un ritaglio di tempo, fra le sue incombenze casalinghe, per costruirmi una marionetta, o per guidarmi in una lettura, tipo le novelle della Perodi, Dickens e Dumas. David Copperfield, I tre moschettieri, Il conte di Montecristo: letture precoci. Anche i miei giochi non seguivano mai o quasi mai le regole dei giochi che facevano i miei coetanei. Con mia sorella, piccolissima neofita, giocavano alle gemme, ed erano le stagnole dei cioccolatini – una rarità – appallottolate in piccole biglie di vari colori e oggetto di scambio fra noi due, oppure alla scuola, imitando in modo alternativo e scherzoso il primissimo impatto con l’istituzione e costruendo registri e quaderni. Al mare, sulla bionda sabbia del Lido, non seguivo i più nella raffinata costruzione di piste – percorsi a forma di otto, curve soprelevate, tunnel - su cui far scorrere le palline di coccio, un gioco più “da grandi”, richiedente abilità che non possedevo e regole che non conoscevo, ma andavo sulla battigia a costruire castelli, con decorazioni ottenute facendo scivolare sulle torri dalle dita una pappetta di rena ed acqua, e mi piaceva costruirli nella zona più a rischio, più esposta alle onde che, seguendo la marea, venivano a morire sempre più avanti spostando il loro approdo e costringendomi ogni volta a tentare di bloccarle con dighe e paratie per salvare il castello e restaurarlo, fino a quando vinceva il mare e distruggeva, livellava tutto. Questo sofferto dono della fantasia mi ha sempre accompagnato, costruendomi una sorta di vita parallela, aiutandomi a immaginare immagini, una visione alternativa della realtà, il piacere di svolgere il mio mestiere di inventore e realizzatore di storie e personaggi. Me ne accorgo anche ora, frequentando Facebook che mi ha aiutato a ritrovare o più spesso a scovare una sintonia con tanti amici. Mentre i miei coetanei o quasi ricordano dettagli, episodi, nomi, volti ed episodi, io ricordo soprattutto sensazioni, impressioni, il riverbero su di me delle cose e degli accadimenti passati. Il come, il quando, il cosa non li ricordo. Forse ricordo il perché e la scia, profonda o più spesso leggera, che hanno lasciato su di me. La fantasia ha rimescolato e foggiato tutto di nuovo.
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