Veramente
in forma dopo una settimana abbondante di febbre, tosse, influenza e chissà
cos’altro. Il tutto nonostante il vaccino. Antibiotici e medicine varie a dosi
industriali. La febbre resiste poi finalmente cessa. Posso cominciare l’anno di
piena salute. In compenso la degenza forzata mi ha permesso di avere un
campionario concentrato e variegato degli odierni programmi televisivi. Cosa
diceva il vecchio Carosello: credevo che la mia biancheria fosse sporca finchè
non ho visto la tua… o qualcosa del genere. Colpiscono alcune cose: lo sbraco
di “immoralità quotidiana” proposta e imposta come regola morale, anzi come
cogente via da seguire. Soprattutto le ragazze della nostra televisione –
conduttrici, vallette, presenze varie - sembrano tutte “mignotte” (anche se
lungi da me il pensare che lo siano): volgari, sbracate, si muovono come coatte,
sculettano, ammiccano alla telecamera ostentando un trucco che – secondo loro -
dovrebbe essere raffinato ed è solo pesante, inopportuno per un obbiettivo
collocato a dieci centimetri di distanza.
Un minimo di miglior contegno nelle cosiddette giornaliste che peraltro
indossano spesso e volentieri toilettes da serata al Casino di Montecarlo anche
per leggere notizie di “nera” o generici comunicati. Va a finire che dovrò
intraprendere un corso accelerato per fanciulle-tv a loro sicuro beneficio:
come valorizzarsi e comportarsi davanti alla telecamera, come muovere le mani e
così via…
Il
massimo dell’abominio si rivela nelle cosiddette fiction nelle quali il livello
di immaturità attoriale raggiunge il diapason. La “micromimica” diventa “grimace”
o quelle che al cinema si chiamano – o si chiamavano – caccole. Volti
improponibili – non già “presi dalla strada” come nel buon tempo che fu ma
“presi dalla discoteca” e dai reality - , recitazione assente, dizione ridotta
a uno sbrodolio di parole semisussurate. Il tutto - riteniamo - sorretto da due
pregiudizi: che programmi fatti così possano attirare un fantomatico pubblico
di giovani e che sia opportuno trarre ispirazione da storie reali, da problemi
reali, possibilmente ad alto tasse di socialità. Due pregiudizi tutti da dimostrare.
Il
cattivo “copiato” regna sovrano. Abbiano visto un frammento di una serie tv che
si dice tratta da un’opera di Emile Zola, opportunamente ambientata negli anni
Cinquanta, ma che in realtà è una sgraziata parodia di un incantevole serial
che la BBC trasse dallo stesso romanzo. Ma non si è avuto nemmeno il pudore di
citarlo.
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