domenica 23 gennaio 2011

TRE LIBRI FANESI

Il primo è “Avrei voluto parlare d’amore” di Francesca Tombari (Damster edizioni, €.14,00). Rare volte, anzi direi mai, ho letto della vita contadina una descrizione così profonda, così amara, così vera, senza la retorica dolciastra che inquina di solito, in maniera più o meno evidente, ogni rievocazione di quel mondo.

Ambientata nel secolo scorso, prima e durante gli anni del fascismo, questa storia spietata e crudele, rattenuta dal pudore di una scrittura nitida. Storia violenta e di violenze, di abbrutimenti ma anche di sentimenti sottili, di amori violati, di sogni spezzati. Sono personaggi delineati con fine intuito psicologico, che si esercita in particolare nello scavare senza falsi pudori l’animo femminile. Ma soprattutto è un mondo - usi costumi consuetudini – restituito con vivacità e verità senza nessuna concessione al folklore, con un’indagine minuta - che chiamerei di sapienza archeologica - sul lavoro contadino, un lavoro che rendeva dure e coriacee le mani come i sentimenti. Un libro da leggere e acquistare, sempre che lo si possa scovare fra la messe di libracci di comici-tv, thrilleracci e logorroiche diatribe di pseudo-impegnati tirate fuori a getto continuo dai cosiddetti Grandi Editori.

Il secondo libro – stavolta scusate l’immodestia - è “Occhi da cinema” (Ibiskos-Ulivieri, €.15,00), altrettanto difficile da scovare, anche se spero che, dopo la presentazione al Circolo Bianchini il 2 marzo prossimo, le locali librerie provvedano a fornirsene (l’unica locandina che ho visto sin ora è presso la libreria La Scuola di via Roma). E’ un libro fanese ma anche un po’ romano. Come Francesca si è reinventata una drammatica vicenda partendo dai pochi elementi raccolti verbalmente, io mi sono reinventato, in base a poche tracce di memoria, la storia di un giovane fanese che, negli anni Venti, muove da Fano alla conquista del cinema. Quel giovane era mio padre, attore e regista del periodo muto per un breve giro di anni. Ma ho intrecciato la sua vicenda eroicomica alla storia altrettanto semiseria e un po’ crudele del mondo della Settima Arte e dei suoi miti. Spesso fasulli.

Il terzo libro ha un titolo “in lingua”, “Fano Music story” di Paolo Casisa (Fiacconi editore, €.27,00). Una messe di foto, note, informazioni che tolgono dalla polvere della dimenticanza intere stagioni di sogni e di realtà, rivelando all’oggi distratto come questa “piccola città” sia stata ed è prodiga di talenti musicali. Un album di famiglia da leggere e sfogliare.

Sarà grazie al nume tutelare di Fabio Tombari o a quello di Giulio Grimaldi se a Fano nasce e prolifica la voglia di scrivere, contagiosa come buon virus.

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