Nuova lezione del mio corso on-line di scrittura possibilmente creativa, dedicato in particolare al cosiddetto “raccontino corto”, da consumarsi come un gelato d’asporto, uno di quelli che ai miei tempi si chiavavano Moretti - qualsiasi illazione razzista assolutamente impropria. ”Racconto breve”, genere recentemente oggetto di nuovi interessi e nuove passioni nonché appetito dalle sempre più numerose antologie messe assieme in tutta fretta, fameliche di autori e acquirenti. Una storia, un personaggio una vicenda di vita, un destino, triste o magari allegro, da leggersi saltando una riga ogni due, come suggerisce l’odierna civiltà della fretta e dell’incostanza: correre a perdifiato, talvolta senza preoccuparsi se in fondo alla strada sdrucciola si presentasse, improvviso e inaspettato, un dirupo, uno strapiombo, un precipizio. Suscitare immagini con le parole, ma un po’ a casaccio, senza verificare se fanno a pugni fra loro. Anzi evitare che si armonizzino e fraternizzino sino a disegnare una storia, pur breve o strampalata che sia. Per un racconto breve non occorre un incipit e non serve descrivere l’ambiente, la situazione, il cosiddetto contesto e non necessita neppure il finale, la clausola, la morale, l’”e vissero tutti felici e contenti”. Consigliabile invece arruffare il percorso narrativi facendo uso del flahback, mescolando presente e passato più o meno prossimo ma senza avvertire il lettore come facevano i vecchi scrittori che, ove necessitasse recuperare il passato, si affrettavano a dircelo a chiare lettere: “cinque anni prima, oppure dieci anni, tre giorni prima” e così via. Anche al cinema che fu i flashback erano segnalati all’incauto spettatore con un qualche espediente: un alone ai margini delle immagini, un suono d’arpa, una dissolvenza un po’ impicciata e così via. Roba vecchia!
Ma sto perdendo tempo. Torniamo al nostro “racconto breve”. Tizio incontra Caio, o meglio Caia. Dove? In ufficio, sul luogo di lavoro, oppure al bar, in discoteca, o meglio ancora per strada, lei frettolosa e lui distratto che quasi la investe. Scusi, si è fatta male? E scocca la magia del colpo di fulmine. Adesso si chiama in un altro modo. Uno sguardo, un sorrisetto, una moina, un approccio.
Non perdete troppo tempo con i preamboli e passate subito a descrivere la succulenta scena di sesso selvaggio, che tassativamente deve far seguito all’incontro casuale: l’inevitabile esternazione ginnico-erotica, a casa di lui o in quella di lei, o – se volete essere realistici e alla moda - nei cessi del locale di ritrovo, in uno stradino buio o in una comoda auto possibilmente, ibrida per amor di ecologia. Non fate i pudichi, siate espliciti e anche un po’ volgarucci. E per finire, tanto la storia che il racconto breve. il disincanto, il risveglio, la fine del breve tumultuoso accoppiamento sessuale. Che sarà dei due appassionati provvisori concubini? Partita chiusa o possibilità di un bis? Tutto concluso o forse no? Magari, prima o poi, potrebbero decidere di ricedersi o magari – hai visto mai? - di convivere? Per due lunghi…anni? Anni? Non esageriamo: un giorno, un’ora? Lasciamolo nel vago. Si rivedranno, per strada, in un festino, alle nozze di amici? Vi avvicinate al finale? L’uomo si accende una sigaretta, la donna consulta l’orologio. Presto che è tardi. E qui finiscono i 3456 caratteri del raccontino, spazi inclusi. E incluso anche il mio congedo dall’auspicabile allievo/a.
LEANDRO CASTELLANI