domenica 16 luglio 2017

UNA FICTION ?



Se dovessi scrivere una fiction per la televisione italiana non saprei da che parte cominciare. La prima tentazione sarebbe quella di pescare fra la lista dei personaggi noti, appena defunti o addirittura vivi. Un Papa, non c’è che l’imbarazzo della scelta, purchè ci si limiti al nostro secolo o a quello appena trascorso. Cosa faceva il Papa attuale, o uno di quelli defunti da non troppo, a sei anni, a dieci, a diciotto, a ventisei, a trentacinque? Come nella vecchia agiografia di Jacopo da Varazze, dove i grandi santi sono già santi appena nati o subito dopo e, dalla più tenera età, si portano in capo, con motivato orgoglio, la loro brava piccola inossidabile aureola. Lasciando in pace Papi e Santi,  ci sarebbero i politici: la giovinezza di De Gasperi, o quella di Togliatti, oppure la vita di Pertini (strano che a Pertini non ci abbia ancora pensato nessuno). Stilisti e stiliste già abbondantemente praticati. Poi i sindacalisti, i capitani d’industria, qualche poeta purchè sufficientemente “maledetto”. Di pittori italici attuali o recenti, molto conosciuti a livello popolare non ce ne sono, quindi lasciamo stare la filiera. Si potrebbe provare con Guttuso, ma chi se lo ricorda?
E allora libriamoci sull’onda della pura invenzione. Una fiction di quelle interminabili, a puntate, bissabili o triplabili negli anni a venire purchè sostenute da prevedibile successo e da adeguata promozione. Tentiamo.
Una giovane extracomunitaria approda sui nostri lidi. Nel naufragio dello zatterone, pilotato da un bieco scafista, che tentava di traghettare una messe di clandestini sino alle acque italiane, sono morti suo marito e i suoi due figlioletti. In preda alla disperazione, la giovane libica si è gettata a nuoto ed è quasi riuscita a toccar la riva. Poi le forze le son venute meno ma è stata sollecitamente soccorsa da un pescatore con la sua barchetta, debitamente fornita di lampara.
Così la ragazza sfugge alle procedure d’identificazione, controlli medici, avvolgimento in copertina argentata e via di seguito. Il pescatore la trasferisce nella sua piccola capanna situata fra gli scogli siculi dove ospita anche un suo cugino del continente che si è recato da lui per dimenticare una delusione amorosa.
La ragazza - il volto debitamente incorniciato dallo shador -  è sfinita, sofferente. Il giovane ospite, che sta studiando medicina ed è prossimo alla laurea, vincendo la naturale ritrosia della ragazza, le presta le prime cure.
Intanto nel porto di Lampedusa lo zatterone, salvato in extremis dalla motovedetta nostrana, ha sbarcato i malconci superstiti. Si fa strada fra i corpi macilenti dei migranti un giovane disperato alla ricerca di sua moglie. Credendolo morto, dopo la perdita dei due piccoli, la donna si è gettata in mare ed è scomparsa fra le onde. Può essersi salvata, ha toccato terra, qualcuno l’ha vista?  
Sino a qui ci siamo. Quale programmista televisivo, quale critico letterario se la sentirebbero di non gradire una vicenda attuale, con gli esuli disperati, gli italiani ospitali, l’accoglienza immediata e l’integrazione a un passo: insomma una storia politically correct e anche commovente…
Da questo momento la mia fiction seguirebbe due vicende parallele. Quella della giovane libica esausta e disperata, soccorsa e guarita dal laureando che riesce a rimetterla in sesto restituendole nel contempo la forza di vivere, e quella del marito alla disperata ricerca di sua moglie. Con i relativi sviluppi: fra la giovane libica e il promettente laureando in medicina nasce un tenero sentimento che potrebbe preludere a qualcosa di più, come le puntate successive potrebbero incaricarsi di raccontare. E intanto, nel campo di prima accoglienza, il marito trova conforto in una fanciulla compaesana e co-salvata: insieme decidono di abbandonare il campo per cercare un lavoro saltuario nel paese ospitale.
Come autore di fiction saprei benissimo cosa fare, quali personaggi introdurre via via:  una giovane infermiera, un esoso datore di lavoro, un bieco caporale arruolatore di disperati, un poliziotto comprensivo ma fino a un certo punto, un sindaco compiacente, un criptoterrorista… E poi lancerei il personaggio del marito con annessa amica alla ricerca di lavoro in un vero e proprio road movie risalendo l’Italia e toccando di preferenza le regione fornite di generose e comprensive “film commission”, la Puglia, le Marche, su su sino al Piemonte.
Ma come scrittore con la Esse maiuscola sarei in serio imbarazzo: troppo stereotipi, troppi luoghi comuni, troppi passaggi obbligati, troppi occhiolini strizzati all’uopo.
Eppure debbo proseguire, non fosse altro che per terminare questa specie di bislacco raccontino. Come mi comporto? Faccio ricongiungere moglie e marito libici spezzando le due tenere storie d’amore che mi sono già fiorite sulla tastiera del computer? Troppo crudele e anche un po’ troppo “lieto fine”. Faccio proseguire le due nuove storie d’amore? La libica che si trasforma via via nella raffinata ed esotica consorte del medico alla moda, abbandonando shador e tradizioni? Ma poi un bel giorno una libica-doc che funge da badante al vecchio nonno dello sposo le ricorda le sue origini, la sacra religione dell’Islam, il tradimento della sua cultura, un’integrazione troppo a buon mercato. Che farà la giovane sposa? Riconquisterà il suo ripudiato shador?
Sull’altro versante avrei da seguire la vicenda dell’ex-marito che continua il suo difficile esodo su e giù per lo stivale prima di spostarsi in Germania, in Francia o in altro paese comunitario. Per lui la vita è dura. Un extracomunitario “cattivo” gli propone la facile via del vizio. Spacciare droga. Si fatica poco e si guadagna bene. Il giovane tentenna, starebbe quasi per aderire, ma....
Una retata. L’innocente ex-marito viene arrestato come spacciatore. In galera. La trama mi si complica nel cervello. E se a difenderlo dalle accuse accorresse l’angelo dei migranti, cioè l’avvocatessa degli extracomunitari, che poi sarebbe quella giovane paladina a suo tempo naturalizzatasi italiana grazie al matrimonio con un medico? Insomma la sua ex-moglie?
E se il buon clandestino cadesse nelle grinfie di un Iman “cattivo” che recluta terroristi da spedire nei luoghi caldi, l’Irak, la Siria, o per compiere atti di terrorismo nei paesi dell’Occidente?
E se inventassi anche qualche protagonista nostrano per arricchire il cast e non farne soltanto un racconto di extracomunitari? Che so: il figlio di un datore di lavoro rapito? Da chi? Perché? Un ricatto, una vendetta? Mi ci vorrebbe l’ispirazione. O meglio d’ispirazione ce ne ho anche troppa. Ci vorrebbe il coraggio di battere altre storie: perché non dedicarsi a una bella vicenda alla Jane Austen per esempio. Con trepide fanciulle da marito e stagionati rubacuori… Sicuramente mi divertirei di più. Ma non è proprio il caso. A quelle ci pensano già le telenovelas. 
(Leandro Castellani)