sabato 7 gennaio 2017

IO E VANESSA REDGRAVE



Vanessa Redgrave: due indimenticabili incontri a distanza di circa vent’anni uno dall’altro. Il primo, 1968, Londra, Trafalgar Square, oceanica manifestazione di pacifisti e antinucleari che si oppongono a una patria succube dell’imperialismo americano e paladina della guerra fredda. Vanessa, giovane attrice troppo alta di statura per essere integrata in una compagnia teatrale, volto tagliato un po’ con l’accetta (sal scurcèl) come quello di certe giovani inglesi, ma bella, un po’ selvaggia, barricadiera appassionata che convince e avvince con la forza di quegli intensi occhi azzurri, eredità di suo padre, il grande attore Michael Redgrave. Io con operatore e cinepresa al seguito, sulla sua stessa lunghezza d’onda,  a cogliere immagini e posizioni per la mia inchiesta “Dopo Hiroshima”. Ho continuato a seguire, ma da lontano, la sua storia e la sua carriera di attivista e di donna, sposata al leader dei “giovani arrabbiati”, il regista Tony Richardson, e in seconde nozze con il mio connazionale Franco Nero, il bel Lancillotto dai lei incontrato sul palcoscenico di “Camelot”.
Il nostro secondo incontro nel 1987 a Giffoni, il paesino campano dove un intraprendente appassionato ha fatto fiorire il più importante Festival di film per ragazzi. Vanessa e Franco sono fra gli illustri ospiti, io sono presente con il mio “Coraggio di Parlare” che vincerà il massimo premio con voto unanime. Vanessa è seduta accanto a me e si congratula parlando un italiano fluente, ha molti elogi per il mio trepido e tragico film che parla di violenza e di ‘ndrangheta”, ma soprattutto di giovani che trovano la forza di ribellarsi. Ricorda - o forse no - il nostro primo incontro ma ha sempre lo stesso piglio, amichevole, deciso e sincero. Continuo a seguire la sua carriera, sino alla bella toccante performance nel “Coriolano” di Shakespeare, diretto e interpretato da Ralph Fiennes. La rivedo ancora,  divenuta una diafana e vibratile vecchietta, nel “cameo” di “Espiazione”. All’epoca di Giffoni ci avevano fotografato più volte insieme, in amichevole colloquio. Chiesi più volte al direttore del Festival di procurarmi quelle foto. Ma le aspetto ancora. E comunque non fa nulla, resta il ricordo indelebile