Vanessa
Redgrave: due indimenticabili incontri a distanza di circa vent’anni uno
dall’altro. Il primo, 1968, Londra, Trafalgar Square, oceanica manifestazione
di pacifisti e antinucleari che si oppongono a una patria succube
dell’imperialismo americano e paladina della guerra fredda. Vanessa, giovane
attrice troppo alta di statura per essere integrata in una compagnia teatrale,
volto tagliato un po’ con l’accetta (sal scurcèl) come quello di certe giovani
inglesi, ma bella, un po’ selvaggia, barricadiera appassionata che convince e
avvince con la forza di quegli intensi occhi azzurri, eredità di suo padre, il
grande attore Michael Redgrave. Io con operatore e cinepresa al seguito, sulla
sua stessa lunghezza d’onda, a cogliere
immagini e posizioni per la mia inchiesta “Dopo Hiroshima”. Ho continuato a
seguire, ma da lontano, la sua storia e la sua carriera di attivista e di
donna, sposata al leader dei “giovani arrabbiati”, il regista Tony Richardson,
e in seconde nozze con il mio connazionale Franco Nero, il bel Lancillotto dai
lei incontrato sul palcoscenico di “Camelot”.
Il nostro secondo incontro nel 1987 a Giffoni, il
paesino campano dove un intraprendente appassionato ha fatto fiorire il più
importante Festival di film per ragazzi. Vanessa e Franco sono fra gli illustri
ospiti, io sono presente con il mio “Coraggio di Parlare” che vincerà il
massimo premio con voto unanime. Vanessa è seduta accanto a me e si congratula
parlando un italiano fluente, ha molti elogi per il mio trepido e tragico film
che parla di violenza e di ‘ndrangheta”, ma soprattutto di giovani che trovano
la forza di ribellarsi. Ricorda - o forse no - il nostro primo incontro ma ha
sempre lo stesso piglio, amichevole, deciso e sincero. Continuo a seguire la
sua carriera, sino alla bella toccante performance nel “Coriolano” di
Shakespeare, diretto e interpretato da Ralph Fiennes. La rivedo ancora, divenuta una diafana e vibratile vecchietta,
nel “cameo” di “Espiazione”. All’epoca di Giffoni ci avevano fotografato più
volte insieme, in amichevole colloquio. Chiesi più volte al direttore del
Festival di procurarmi quelle foto. Ma le aspetto ancora. E comunque non fa
nulla, resta il ricordo indelebile