lunedì 28 febbraio 2011



Vorrei definirlo un pastiche - un pasticcio - questo “Occhi da cinema”, mio recente parto letterario dove si alternano – apparentemente fra le icone del cinema muto, da Rodolfo Valentino a Pearl White, da Maciste a Cretinetti, a Douglas Fairbanks. E inoltre alcune variazioni, decisamente scanzonate e irriverenti, su personaggi e fatti del nostro cinema: espedienti al limite della truffa, crediti millantati, incantatori. Il tutto retto e cucito da una singolare falsariga, vale a dire l’avventura di un aspirante-divo, nei remoti anni venti del secolo scorso, che dalla provincia muove alla conquista del cinema. Quell’attore era mio padre, Aldo Castellani in arte Lucio Mario Dani, protagonista in Francia di un colossal ante litteram, “Robinson Crusoe”. Ne ho tratteggiato la vicenda in toni talora un po’ patetici, il più delle volte decisamente umoristici.
Un libro, questo “Occhi da cinema”, edito da Ibiskos-Ulivieri, di intrigante lettura che non somiglia ad altri e al quale una qualificata giuria, presieduta da Ugo Gregoretti, ha assegnato il Premio Domenico Rea-Città di Empoli 2009.
Ricco di rare e inedite foto d’epoca, il volume allinea, in un’appendice particolarmente riservata ai cinefili, una serie di documenti singolari: contratti, vertenze, giudizi critici. Completa il volume una testimonianza preziosa, cioè il testo integrale di una lunga intervista a Francesca Bertini, “la donna che inventò la diva”, raccolta da Maria Grazia Giovanelli e presentata al Festival di Venezia 1968.
Hanno detto del libro:
PUPI AVATI
Caro Castellani,
ho letto con grandissimo piacere la biografia di suo padre, di quel Lucio Mario Dani che divenne celeberrimo per i suoi “occhi da cinema”. I suoi ricordi sono preziosi quanto intimi, di un cinema d’altri tempi che sapeva sedurre tutti, dagli strati più umili della società fino agli intellettuali.
ENRICO VAIME
Caro Leandro,
che bel libro! Una ventata di creatività mascherata da “storia” (ma fino a un certo punto).

lunedì 14 febbraio 2011

Bandiera sì, bandierone no

Ho la massima stima e ammirazione per il Presidente Napolitano, uno dei migliori Presidenti che l’Italia abbia avuto. E comprendo il suo generoso tentativo di cogliere ogni occasione per proporre il “volemese bene” in una fase di violento “tutti contro tutti”.

Un po’ più perplesso nei confronti delle manifestazioni e della retorica per il 150mo anniversario dell’unità d’Italia. Potrebbe essere un’utile occasione per una rivisitazione che a tanta distanza di tempo mi sembrerebbe più che legittima.

Vent’anni fa circolava a Roma una calunniosa diceria: che il Ministro Spadolini avesse bloccato in extremis una biografia denigratoria (forse di Piero Chiara) in cui si narrava come l’Eroe dei Due Mondi si fosse fatto crescere i capelli per nascondere le orecchie mozzate, punizione usata in Sud America per i ladri di cavalli, e come avesse favorito, se non provocato, la morte della povera Anita che intralciava la sua fuga. Che dire poi di Vittorio Emanuele II, padre della Patria, ma soprattutto… di molti italiani e del Cavour che parlava e scriveva solo in francese? Ma bando ai gossip d’annata. Ben altre sono le rivisitazioni che andrebbero fatte.

Nel mio sceneggiato “Le cinque giornate di Milano” (1970) aveva cercato di narrare, appoggiandomi a tanto di documenti, come anche all’interno della compagine rivoluzionaria vivessero diverse e talora del tutto divergenti posizioni politiche e come il tardivo intervento di Carlo Alberto fosse stato auspicato e sponsorizzato dai gattopardi borghesi di Milano per bloccare tentazioni repubblicane e “democratiche”.

In anni più recenti (1992) con i docu-film di “Italia chiamò” cercavo di narrare le vicende di alcuni “padri della patria”, da Camillo Cavour, abile e un po’ cinico “tessitore”, al lombardo Alessandro Manzoni, strenuo propugnatore di Roma capitale, a Carlo Cattaneo, lucido e profetico – quanto ignorato - propugnatore dell’ideale federale, buona per l’Italia nonché per l’Europa, a Luigi Settembrini e la sua idea di Costituzione, eccetera eccetera. Modesti tentativi personali, Ma oggi per parlare del Risorgimento occorrerebbe un nuovo Giampaolo Pansa.

Il sito “Casting aperti” comunica, con la consueta ironia, che si cerca un attore in grado di impersonare e animare un pupazzo a cui un conduttore spiegherà la storia dell’Unità d’Italia. O tempora o mores” Unità d’Italia, anzi idea d’Italia, oggi vuol dire – o vorrebbe dire – diritto alla pacifica convivenza, corresponsabilità, democrazia, libertà, crescita e – innanzi tutto - rimozione dei tanti ostacoli per l’intelligenza, per il lavoro, per la creatività. E con questa Italia della gente – comunque e da chi sia stata creata e costruita – che dobbiamo fare i conti, sperando solo che i Grandi e i Potenti non ci mettano ogni volta i bastoni fra le ruote.